sabato 29 dicembre 2007

Banda della panda nera: quando la legge è peggio dell'anti-legge

Uno dei concetti che Giovanni Falcone amava ripetere di più era la particolarità della criminalità mafiosa.

Il mafioso intelligente, a detta di Falcone, non è il mafioso dei film di bassa lega, che picchia e sbruffoneggia ed uccide senza timore di essere riconosciuto e magari arrestato e magari condannato.

E’ un criminale prudente, un professionista del crimine, che ama lavorare e fare affari in silenzio, senza riflettori. E che usa o ordina di usare la violenza solo quando lo ritiene necessario.

Non per scrupoli morali, ma perché l’omicidio e la violenza fisica sono pericolose e vanno usate con attenzione; sono armi a doppio taglio. Ti permettono di ottenere un immediato vantaggio,ma possono crearti grossi problemi per il futuro, sia per l’eventuale intervento di forze dell’ordine o magistrati, sia per gli equilibri e le regole che esistono all’interno dell’organizzazione stessa.

Buscetta dichiarò esplicitamente che la bomba di Ciaculli preoccupò molti boss, al punto che: “Chi (NdR mafioso) non era colpevole era schifato per quello che era accaduto, ma, logicamente, sospettato… Scappammo tutti (NdR a causa dei mandati di cattura decretati nei nostri confronti): ma prima di scappare giurammo che chi aveva messo la bomba sarebbe stato punito con la morte”.

Ma cosa fare e pensare di fronte a crimini gravissimi commessi da membri delle Forze dell’Ordine, che hanno giurato di difendere la Legge e di farla rispettare?

Chi esercita un potere particolare in quanto funzionario pubblico deve avere, in corrispondenza del suo potere non comune, una responsabilità particolare.

Cerchiamo di immedesimarci in uno straniero senza permesso di soggiorno (dunque ancora più indifeso) o regolare, che dovrebbe vedere nelle forze dell’ordine la protezione dai soprusi. E scopre incontrando i cuoi carnefici (se non fin dai primi giorni in Italia) che chi dovrebbe difenderlo è un criminale della peggior specie, che usa l’uniforme per coprire le sue malefatte.

Non so chi legge, ma a me vengono letteralmente i brividi.

I delitti ed i comportamenti di cui sono stati incriminati i membri della banda della Panda Nera sono feroci e disgustosi, ma anche e soprattutto non razionali, privi apparentemente di logica, anche criminale.

Spero che i membri della banda abbiano un equo processo, con le garanzie che a tutti spettano.

Ma spero anche che, per il principio per cui dal potere pubblico deriva una particolare responsabilità (stante l’uguaglianza di tutti davanti alla legge), la giustizia imponga pene commisurate ai fatti, in nome dello stato di diritto.

venerdì 28 dicembre 2007

Napoli: Emergenza Duratura

Su segnalazione di Pratico posto questo bel servizio di La 7 sul disastro sanitario campano (che un giorno potrebbe diventare nazionale)


domenica 23 dicembre 2007

URGENTE

Pubblico parzialmente una email di Khadija


Chiedo a chiunque sia medico o esperto di scioperi della fame di consigliarci



www.giustiziaperkassim.net


oggi è il 38. giorno di sciopero della fame e la risposta del governo, che Le allego è la fotocopia di quella dello scorso anno, c'è di che preoccuparsi...
ora, sia l'avovcato che io siamo molto preoccupate per le prossime due settimane, vacanze e Kassim continua, ...
le chiedo, finora Kassim ha assunto solo acqua con zucchero, il thè gli dà la nausea, si è indebolito molto,
il medico gli ha somministrato due iniezioni per calmare i tanti dolori,
può informarsi per me qual'è la prassi qui in Italia (mi pare che si possano assumere anche altri liquidi, succhi o capuccini?)
vorrei convincere mio marito ad assumere qualcos'altro di liquido, lui non intende interrompere lo sciopero, ma temo che basterebbe un'influenza (e nel nuovo carcere l'umidità ed il freddo sono peggiori che ad Ain Bourja) per far precipitare la situazione.

grazie per l'aiuto e la solidarietà Khadija





martedì 18 dicembre 2007

Abou Britel: lo sciopero della fame continua


Dal 16 novembre Kassim Britel

è in sciopero della fame :

chiede di essere liberato

17 dicembre 2007

Fair Trials International promuove un'azione per la liberazione di Abou Elkassim Britel :

1. lettere o messaggi che esprimano la preoccupazione per le sue condizioni e la richiesta della sua liberazione vanno inviate a:

- Ambasciata d'Italia, 2 Zankat Idriss Al Ahzar, Rabat, Marocco;

- On. Massimo D'Alema, Ministro degli Affari Esteri, Piazzale della Farnesina 1 - 00194 Roma, Italia;

- On. Clemente Mastella, Ministro della Giustizia, Largo Luigi Daga 2, I - 00164 ROMA, Italia;

- Sua Altezza Reale Mohammed VI, re del Marocco, Palazzo Reale, Rabat, Marocco

2. una mail (clic su 'contact us' nel sito di Fair Trials International) di conferma e sostegno direttamente all'associazione che si occupa di cittadini europei, coinvolti in procedimenti penali all'estero, i cui diritti sono stati violati o rischiano di esserlo.

Kassim e Khadija ringraziano tutti coloro che li stanno sostenendo, ogni mail, ogni messaggio è per noi aiuto e prezioso incoraggiamento, grazie!

Il Manifesto del 16 dicembre dedica l'intera pag. 3 al caso Britel - articolo di Stefano Liberti ed intervista a Claudio Fava di Alberto D'Argenzio. Grazie!

15 dicembre 2007

Oggi fanno trenta giorni che Kassim Britel rifiuta il cibo: giorni senza riposo, di silenzio, di sofferenza, di attesa.

Ad Ain Bourja, Kassim cerca di tenersi ritto mentre prega, ignorando i battiti affrettati a tagliare il respiro, la testa pesante, il ventre spalancato a reclamar pienezza, le viscere doloranti e acquose, la schiena che pare spezzata, …

Così ieri è svenuto, i suoi compagni l'hanno aiutato, il medico gli ha contato le costole: è molto dimagrito, eppure di ora in ora cresce la sua determinazione, una determinazione che nulla può scalfire.

Ci sentiamo al telefono, umiliata io, una volta di più dal silenzio del nostro Paese, dal fluire delle mie giornate di lavoro come se nulla fosse, con il tarlo della sua possibile morte eppure solidale con lui fino in fondo, perché quest'ingiustizia che ci ha privato della vita deve finire, in un modo o nell'altro.

E gli racconto come meglio posso del bene che avremo, e lui ha un pensiero di fede, una parola buona che solleva la pena taciuta e nascosta. Con lui sono calma, so che non ci succederà nulla che non ci sia stato destinato.

Nella nostra casa vuota, lavoro come sempre per la vita di mio marito, pena e collera sono intollerabili, Kassim ha già patito troppe violenze e privazioni, so che non resisterà a lungo, già ora si poggia ad un bastone per muovere qualche passo, ieri non è stato in grado d'incontrare sua sorella…

Per il rispetto dovuto ad ogni vita, per la giustizia dovuta alla vittima innocente di una "guerra" non sua, per la nostra famiglia separata da quasi sei anni, che il Governo italiano si decida finalmente a portare a casa questo cittadino!



Khadija

domenica 16 dicembre 2007

Kassim: trentesimo giorno di sciopero della fame

Su "Il Manifesto" di stamani, 16 dicembre, a pag.3, c'è un articolo di Stefano Liberti sul caso Kassim, come pure un'intervista al parlamentare europeo Claudio Fava, che in più occasioni ha parlato del caso Britel, l'unico cittadino italiano vittima a tutt'oggi di extraordinary rendition e recluso in un carcere marocchino.

« Io, musulmano italiano, lasciato marcire in Marocco »

Qui la dichiarazione di Khadija, moglie di Kassim, a 30 giorni dall'inizio dello sciopero della fame

"Oggi fanno trenta giorni che Kassim Britel rifiuta il cibo: giorni senza riposo, di silenzio, di sofferenza, di attesa.

Ad Ain Bourja, Kassim cerca di tenersi ritto mentre prega, ignorando i battiti affrettati a tagliare il respiro, la testa pesante, il ventre spalancato a reclamar pienezza, le viscere doloranti e acquose, la schiena che pare spezzata, …

Così ieri è svenuto, i suoi compagni l'hanno aiutato, il medico gli ha contato le costole: è molto dimagrito, eppure di ora in ora cresce la sua determinazione, una determinazione che nulla può scalfire.

Ci sentiamo al telefono, umiliata io, una volta di più dal silenzio del nostro Paese, dal fluire delle mie giornate di lavoro come se nulla fosse, con il tarlo della sua possibile morte eppure solidale con lui fino in fondo, perché quest'ingiustizia che ci ha privato della vita deve finire, in un modo o nell'altro.

E gli racconto come meglio posso del bene che avremo, e lui ha un pensiero di fede, una parola buona che solleva la pena taciuta e nascosta. Con lui sono calma, so che non ci succederà nulla che non ci sia stato destinato.

Nella nostra casa vuota, lavoro come sempre per la vita di mio marito, pena e collera sono intollerabili, Kassim ha già patito troppe violenze e privazioni, so che non resisterà a lungo, già ora si poggia ad un bastone per muovere qualche passo, ieri non è stato in grado d'incontrare sua sorella…

Per il rispetto dovuto ad ogni vita, per la giustizia dovuta alla vittima innocente di una "guerra" non sua, per la nostra famiglia separata da quasi sei anni, che il Governo italiano si decida finalmente a portare a casa questo cittadino!"


Khadija





giovedì 13 dicembre 2007

Convegno sulla giustizia

Un piccolo esercito di magistrati fuori ruolo, anziché esercitare le funzioni giurisdizionali, è distaccato in incarichi di diretta o indiretta collaborazione con i Ministri. Sottosegretari, Capi di Gabinetto, Capi, Sottocapi e Funzionari di interi Uffici Legislativi, Portavoce di Ministri, di fatto scelti dalle correnti della magistratura associata, ogni giorno, da decenni, esercitano un pressoché assoluto monopolio “tecnico” sulle scelte “politiche” compiute dal Governo ed in particolar modo dal Ministro della Giustizia.

Occorre andare alla radice dell’irrisolto problema Giustizia, comprenderne le ragioni profonde, verificare le responsabilità e capire se in questo sistema si annidano le cause delle mancate riforme capaci di risolvere la “Questione Giustizia”, la giustizia come problema e questione sociale.
Potere Esecutivo e Potere Giudiziario, una commistione tra politica e magistratura, in particolar modo nel Ministero della Giustizia, che viene da lontano, di cui si parla e si conosce poco e sulla quale occorre far luce...

Radicali Italiani
e
Il Comitato Radicale per la Giustizia “Piero Calamandrei
organizzano il

Convegno
“Magistrati, Ministeri e Separazione dei Poteri: una proposta di legge per tornare alla Costituzione”

Camera dei Deputati - Sala del Refettorio - Palazzo San Macuto
Mercoledì 19 dicembre 2007- Ore 09,30

Interventi programmati

Prof. Giuseppe Di Federico

(Ordinamento Giudiziario - Università di Bologna, già membro del CSM)

Prof. Alfonso Celotto

(Ordinario di Diritto Costituzionale - Università Roma Tre)

Prof. Antonio D’Andrea

(Ordinario di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Brescia)

Prof. Giampiero di Plinio

(Prof. ordinario di Istituzioni di diritto pubblico Dipartimento Scienze giuridiche - Università Chieti/Pescara

Prof. Tommaso Edoardo Frosini

(Ordinario Diritto Pubblico Comparato – Università di Napoli “Suor Orsola Beninca”)

Prof. Mario Patrono

(Ordinario Diritto Pubblico – Università La Sapienza di Roma)

Prof. Avv. Nicolò Zanon

(Ordinario di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Milano)

Avv. Renato Borzone

(Segretario Nazionale Unione Camere Penali Italiane)

Avv. Gian Domenico Caiazza

(Presidente Camera Penale di Roma)

Dr. Bruno Tinti

(Procuratore Aggiunto presso la Procura di Torino)

Dr. Giuseppe Corasaniti

(Sostituto Procuratore presso la Procura di Roma)

Dr. Giuseppe Bianco

(Sostituto Procuratore presso la Procura di Firenze)

Sen. Avv. Roberto Manzione

(Ulivo, Vicepresidente Commissione Giustizia del Senato)

On. Avv. Gaetano Pecorella

(Responsabile Giustizia di Forza Italia, Commissione Giustizia della Camera )

Sen. Avv. Cesare Salvi

(Presidente Commissione Giustizia del Senato)

Interviene

Rita Bernardini

(Segretaria Nazionale Radicali Italiani)

Conclude

Marco Pannella

Coordina i lavori

Avv. Giuseppe Rossodivita

(Giunta Esecutiva Nazionale Radicali Italiani
Responsabile Comitato Radicale per la Giustizia “Piero Calamandrei”)







Per la locandina, vedi qui

mercoledì 5 dicembre 2007

Abou ElKassim: continua lo sciopero della fame

Copincollo dal sito giustiziaperkassim



Abou Elkassim Britel, l'unico cittadino italiano, a quanto si sa, vittima di extraordinary rendition è in sciopero della fame dal 16 novembre nel carcere di Äin Bourja, Casablanca.

La sua protesta per un miglioramento delle condizioni di detenzione e contro atti di grave violenza passati e attuali, è oggi finalizzata ad ottenere la sua liberazione, come preannunciato lo scorso 19 novembre.

Mio marito ha sottoscritto ed inoltrato una precisa dichiarazione in tal senso al Ministero di Giustizia marocchino il 3 u.s..

La sua decisione è ferma e motivata. La preoccupazione per la sua vita è molto seria, ma, lo ribadiamo, questa è l'unica azione possibile.

Abou Elkassim Britel subisce dal 2002 fatti di inaudita gravità sul piano dei diritti umani e civili.

Il caso è seguito da diverse Ong internazionali.

Cito solo gli interventi più recenti: Amnesty International ha inserito la vicenda di Abou Elkassim Britel nel rapporto sull'Italia al Comitato Onu contro la tortura in aprile 2007; Fair Trials International ha scritto, il 14 novembre 2007, ai Ministri D'Alema e Mastella per sostenere il rilascio immediato.

A febbraio 2007, il Parlamento europeo « sollecita il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere l'immediato rilascio di Abou Elkassim Britel » nella ' Risoluzione sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri '.

Chiedo che il Governo italiano si attivi immediatamente, per rendere, alla sua vita e alla sua famiglia, questo suo cittadino ed evitare una conclusione drammatica della quale sarebbe comunque responsabile.

E che ci venga data una risposta, anche personale, perché il perdurare di questo silenzio nei nostri confronti non fa che accrescere la nostra angoscia

Khadija Anna Lucia Pighizzini

5 dicembre 2007

per informazioni: www.giustiziaperkassim.net







domenica 2 dicembre 2007

Pericolo sociale ed informazione

Già una volta, su un altro contesto, ho fatto qualche rapida osservazione sul grande potere sociale della Paura, del timore di qualcosa non ben conosciuto che destabilizza e può portare a gravi conseguenze.

La "questione" Roma e più in generale Romeni (due popoli diversi) è ampiamente discussa da molti organi di stampa e sta assumendo sempre più i toni e l'ideologia di una campagna di allarme razziale o comunque etnico.

Si parla di Roma, fra i quali ovviamente esistono anche delinquenti più o meno occasionali e più o meno pericolosi: si prendono casi singoli, privi di un intrinseco valore statistico e legale. Ma ci si guarda bene dall'osservare il contesto. Ci si potrebbe chiedere, a parità di reazione con la microcriminalità commessa da immigrati (regolari o meno), cosa avrebbero dovuto fare USA o Australia o Germania con l'immigrazione nostrana, costituita da molti onesti lavoratori, ma anche da forme di organizzazione criminale colà prima sconosciute.

Ogni contesto è a sé; ma ogni fenomeno va osservato da diverse prospettive.

D'altra parte i telegiornali e molti giornali si guardano bene dal parlare dei problemi che costituiscono un pericolo sociale maggiore degli episodi criminali più "sensazionali" (pur gravi): che molte regioni stanno assumendo sempre più l'aspetto di zone ad economia mafiosa; che esiste una crisi economica; che una classe politica sempre più corrotta ed autoreferenziale ed intoccabile non dà più segno di voler attivare riforme anche solo moderate capaci di migliorare lo stato di cose.

L'elenco è lungo e noto a tutti.

Epperò ecco che certi organi di stampa, che hanno soprasseduto ad esempio sul fatto accertato giudiziariamente che l'allora Premier in carica aveva corrotto dei giudici comprandosi delle sentenze, oppure che un pluri Primo ministro ha intrattenuto per decenni rapporti con i più potenti capimafia dell'epoca, partono all'attacco e urlano che non c'è più lo stato di diritto perché i Roma ed i Romeni e gli Albanesi delinquono e non vengono puniti.

Alla faccia dello stato di diritto.

Alla faccia della corretta informazione.

I dati disponibili forniscono un quadro ben diverso...

L'Italia anomala e l'anomalia radicale

Un dibattito molto interessante sulla giustizia italiana cui hanno preso parte Marco Travaglio, Daniele Capezzone e Giampaolo Zancan mi stimola a pensare da un'altra prospettiva sull'anomalia radicale, su cui ho già sbattuto la testa più volte (qui qui e qui).

Il dibattito, serio ed accalorato, ha toccato alcuni temi chiave: separazione delle carriere e conseguente netta distinzione fra magistratura inquirente e giudicante; riaffermazione dell'obbligatorietà dell'azione penale; semplificazione delle procedure; assicurazione delle garanzie costituzionali delle parti in causa ecc.

Ma le tensioni e le differenze sono scoppiate soprattutto sulla particolarità della situazione italiana,

dove molti magistrati sono riuniti in associazioni con un più o meno preciso sentire politico (ciò che secondo alcuni fa dubitare dell'imparzialità del giudice),

dove alcune sentenze di incredibile gravità non hanno il peso massmediatico e politico dovuto,

dove le grandi inchieste e le grandi sentenze (teoricamente basate su fatti, documenti e testimonianze incrociate o comprovate dunque verosimili) creano spartiacque popolari e tensioni fortissime.
Non solo a livello politico e castale.


In particolare, intorno al Palavobis, alcune frasi di Capezzone rivolte a Zancan e Travaglio mi hanno colpito: "l'anomalia siete voi e Berlusconi (1h 27m)"; "voi vi create a vicenda (1h 41m); "avete bisogno gli uni degli altri" (1 h 42m).


Beh, in qualche modo è vero: i magistrati di idee liberal (Zancan è sempre stato vicino ai radicali) ed i giornalisti d'inchiesta (come Travaglio oggettivamente è, i suoi libri, molto documentati, cantano) esistono ovunque; ma appunto nella loro presenza (normale) in un paese misterioso sta la loro anomalia.


Capezzone stesso, allora virgulto e astro nascente del movimento radicale, non può non essere definito un politico anomalo nel deprimente panorama politico italiano.

Quello che Capezzone e molti radicali non accettavano e non accettano (Palavobis, Travaglio, Micromega ecc.) è un'anomalia che reputano antidemocratica, giustizialista e forcaiola; ma (qualunque opinione si abbia delle suddette persone e dei suddetti fenomeni) quali sono i parametri per giudicare male un'anomalia?

I Radicali stessi sono un'anomalia nel panorama europeo: essi sono il pungolo di un Paese anomalo perché diventi "normale", cioè perché la corruzione, il classismo, il partitismo, la situazione politica economica e sociale del Paese rientrino più o meno nei parametri di un paese "democratico".

Cosa sarebbe dei Radicali se non esistesse un "caso Italia"?

Certe volte ci sarebbe da chiedersi se non sia una cosa anomala che i Radicali non esistano anche nei Paesi "normali".

E cosa succederebbe se l'Italia divenisse un paese normale.


Forse bisognerebbe smetterla di considerare negativamente l'anomalia in quanto tale...

martedì 20 novembre 2007

Abou ElKassim Britel è in sciopero della fame

Copincollo da www.giustiziaperkassim.net



Preavviso di sciopero della fame
Warning of hunger strike Préavis de grève de la faim 19.11.2007

In nome e per conto di mio marito Abou Elkassim Britel, cittadino italiano e marocchino matricola 69546, carcere di Äin Bourja, Casablanca – comunico la sua ferma intenzione di intraprendere uno sciopero della fame per ottenere la liberazione che gli è dovuta, dopo che la sua innocenza è stata da più parti e da tempo dimostrata(*).

Chiediamo alle Autorità una pronta e fattiva risposta a questa richiesta, in assenza della quale mio marito illegalmente privato della sua libertà dal 2002, vittima di extraordinary rendition, di torture e di molto altro si vedrà costretto a proseguire ad oltranza la propria azione.

Abou ElKassim Britel osserverà uno sciopero della fame il 19 e 20 novembre 2007 a supporto di questa dichiarazione.



(*)

In particolare, si vedano:
- la Risoluzione del Parlamento Europeo sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri che « 63. Condanna la consegna straordinaria del cittadino italiano Abou Elkassim Britel, che era stato arrestato in Pakistan nel marzo 2002 dalla polizia pakistana ed interrogato da funzionari USA e pakistani, e successivamente consegnato alle autorità marocchine ed imprigionato nella prigione di "Temara", dove è ancora detenuto; sottolinea che le indagini penali in Italia contro Abou Elkassim Britel erano state chiuse senza che egli fosse incriminato; 64. si rammarica che secondo la documentazione trasmessa alla commissione temporanea, dall'avvocato di Abou Elkassim Britel, il Ministero degli Interni italiano all'epoca fosse in "costante cooperazione" con servizi segreti stranieri in merito al caso di Abou Elkassim Britel dopo il suo arresto in Pakistan; 65. sollecita il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere l'immediato rilascio di Abou Elkassim Britel », feb 07;
- l'archiviazione dell'indagine da parte della magistratura « rilevato che gli ulteriori accertamenti disposti, intercettazioni telefoniche ed accertamenti bancari, non hanno fornito alcun supporto all'accusa », set 06;
- Amnesty International: Italy - A briefing to the UN Committee against Torture, apr 07.


Sulla vicenda di Kassim, segnalo questo articolo; abbondante documentazione anche qui

domenica 18 novembre 2007

Piccola, breve storia di grande illegalità

Pubblico dal blog di Letizia Tassinari



Questa è una piccola, breve storia di grande illegalità.

A “raccontarla” è il dott. Giancarlo Iannella, direttore Inps di Viareggio:

“Spesso mi arrivano segnalazioni scritte e telefonate con cui vengono denunciati casi di lavoro nero riguardanti pensionati e, più spesso, giovani extracomunitari e non. Tutte rigorosamente anonime. Tutte, comunque, trasmesse agli uffici ispettivi per le verifiche del caso. Ma, qualche mese fa. qualcuno ha avuto il coraggio e l’onestà di segnalare un abuso firmando la propria denuncia, mettendoci, come si dice, la faccia. I controlli sono partiti, le verifiche sono state effettuate ma la obiettiva certezza della esistenza della illegalità denunciata non ha potuto trasformarsi in concreta adozione dei provvedimenti sanzionatori. Le carte erano “a posto” ma, soprattutto, un muro di reticenza, amara omertà imposta dal bisogno di lavorare, ha frenato gli sforzi di questo istituto e del Sindacato. Nessuno ha avuto il coraggio, o la possibilità, di confermare quanto segnalato dal compagno di lavoro. A questa persona vorrei far giungere la mia personale solidarietà e le mie scuse per non essere riuscito a fare di più. Per quanto so e, secondo prassi consueta in questo Paese che non sa difendere e premiare gli onesti, è partita la reazione dell’azienda attraverso i consueti meccanismi punitivi mascherati da legalità grazie al consueto stuolo di commercialisti e avvocati difensori del più forte. Mi piacerebbe pensare che da una vicenda come questa possa nascere qualcosa di buono. Uno scatto di dignità da parte di chi sfrutta il lavoro altrui, evadendo tasse e/o contributi ma soprattutto mortificando l’animo di tanti giovani che sull’altare dell’impiego, neanche sicuro e pagato secondo le regole, bruciano drammaticamente ideali e speranze.”

Gian-Carlo Iannella Direttore Inps Viareggio

Grandezza e miseria, qualche osservazione su Richard Wagner

Ogni volta che mi trovo davanti ad una grande opera di ingegno, penso e sento che mi piacerebbe incontrare e discutere (perché no, anche solo chiacchierare) con l'autore di questa grande cosa.

Un'idea molto comune.

Ma chissà se in tanti casi si tratterebbe di un'esperienza bella o comunque affascinante. I biografi seri passano anni a demolire le agiografie che inevitabilmente vengono fatte di grandi artisti, filosofi, letterati ecc.
E nei risultati è contenuta una buona dose di ironia: ci si diverte ad accorgersi di quanto spesso dietro grandi ingegni si nascondano caratteri terribili e spesso anche meschini: insomma, normali. Ed umani. Abisso fra ciò che è la vulgata e ciò che è la realtà delle testimonianze e degli eventi.

Una delle poche eccezioni è Richard Wagner, mi sembra.

Grande, sommo artista (anche se molti non lo sopportano), oggettivamente.

Poeta di notevole livello, ma anche lì ostico e molto difficile. Non basta conoscere il tedesco per apprezzare la poesia di Wagner, con le allitterazioni, le assonanze, le ridondanze, i suoi arcaismi e dialettalismi. Bisogna armarsi di pazienza e scavare il testo, per attingere alla fonte della sua bellezza. Magari con un eccellente commento.

Ma quanta ricchezza in quei libretti. Quanto pensiero raffinato, quanto sentimento, quanta concentrazione.

Esteta autodidatta, arrogante e istrione, come notava Thomas Mann (il primo dei wagneriani).

Eppure il concetto di teatro e di arte sono cambiati anche grazie a lui; ha intuito certe debolezze ed affettazioni dell'arte del suo tempo; sarà per questo che Gautier, Mallarmé, Baudelaire e perfino certi pittori adoravano la sua musica plastica, avvolgente, totalizzante.

Come accettare che un uomo con tante idee oscene e contrarie a tanti principi umanistici abbia prodotto grandi capolavori dell'arte umana?


Una soluzione a questo problema potrebbe essere una netta separazione fra Arte e Vita, distinguendo l'uomo spregevole dall'artista geniale.


Ma idea non è molto convincente, secondo me.


L'arte senza etica non è arte, è mestiere.


Forse è anche per questo che Wagner è così amato ed odiato: perché esprime esplicitamente, col suo carattere rissoso egocentrico e paranoico, le due facce dell'umanità: ricca di sentimenti negativi (normalmente nascosti) e di slanci ideali, di pensieri profondi e spesso contraddittori.
Ma è un mistero fitto, su cui sarà sempre bene interrogarsi.

Montanelli e Pannella: chi si detesta si ama

Copincollo questo magistrale ritratto di Pannella fatto da Montanelli.

Non sono del tutto d'accordo con quanto vi è scritto, ma acume e classe sono davvero esemplari...


da IL GIORNALE, 22 aprile 1979)

Uno dei maggiori protagonisti delle prossime elezioni sarà Marco Pannella, e non soltanto per i guadagni che gli si possono fin d’ora accreditare. E’ una cosa che dispiacerà a molti nostri lettori, che in Pannella vedono un impasto di demagogia, ciarlataneria e istrionismo. E non senza ragione. Demagogo, ciarlatano e istrione, Pannella lo è.

Ma non è soltanto questo. Lo definiscono anche un qualunquista, un Giannini di sinistra. Ma anche questo è un giudizio riduttivo. Con Giannini, Pannella ha in comune il gesto e il gusto della scena madre, la capacità di cogliere immediatamente gli umori del pubblico, di colpirne la fantasia e sollecitarne le emozioni. Ma Giannini si serviva di questi ingredienti per raccattare una protesta di retroguardia che disturbava senza inquietare perché senza sbocchi. Pannella coagula una protesta d’avanguardia che inquieta più di quanto disturbi perché di sbocchi ne ha, fin troppi. Anche come teatranti, la loro scuola è diversa: Giannini era uno Zacconi; Pannella, un Carmelo Bene.


Ma non fermiamoci a questo superficiale identikit. Se Pannella non fosse che un abile commediante, la sua commedia alla velocità con cui oggi il pubblico divora i suoi mimi e giullari sarebbe finita da un pezzo. Invece il suo indice di gradimento sale nonostante la congiura del silenzio ordita contro di lui dai grandi mezzi d’informazione, e il successo cresce: un successo che le sue personali doti atletica aitanza, calore di simpatia umana, oratoria torrentizia, polmoni a mantice, ubiquità, immaginazione, rapidità di riflessi, sfrontatezza da grande meretrice servono a meraviglia, ma non bastano a spiegare.

Il fatto è che Pannella, intelligenza intuitiva cui la cultura (ne ha) serve solo da pezza d’appoggio, ha capito più cose di quante non ne abbiamo capite i politologi di professione. Ha capito anzitutto, e prima di chiunque altro, la crisi dei partiti. E infatti si è guardato bene dal fondarne uno. Il suo si chiama »Movimento , e lo è sul serio in quanto svincolato da ogni ancoraggio ideologico. Qualcuno dice che questa è la sua debolezza perché lo riduce a un ricettacolo. Io credo che sia la sua forza perché in un’epoca di consumismo come questa, nulla si consuma più rapidamente delle idee: basta vedere in che condizioni sono tutte ridotte. Pannella ne ha anticipato e ora ne sfrutta la nausea puntando invece su valori che non si consumano mai, i diritti umani e civili. Ma da quello smaccato e geniale bugiardo che è, arraffatore e arruffatore di parole, questa battaglia tipicamente liberale in difesa dello spazio vitale dell’individuo contro la plumbea pressione della massa, la conduce come rivolta di massa, e da sinistra.

Per capire Pannella (anch’io ci ho messo del tempo), bisogna rivoltarlo, come si faceva con le stoffe inglesi di una volta, il cui rovescio era meglio del diritto. Visto di faccia, è un brancaleone, uno sparafucile, un saccheggiatore di pollai, un gigionesco mattatore, capace di rubare il posto a un morto nella bara pur di mettersi al centro del funerale. Ma è anche lo sceriffo che, disarmato, va a sfidare il gangster nella sua tana.

Anche noi abbiamo sempre sostenuto che i responsabili delle fosse ardeatine, prima di Kappler e Reder, furono gli scellerati che, messe le bombe in via Rasella, nascosero la mano e mandarono a morte gli ostaggi. Ma Pannella è andato a dirlo in casa comunista, e ora reclama sulla pubblica piazza la liberazione di Hess dal carcere di Spandau e il trasferimento delle ceneri dei Savoia nel Pantheon. Dicono che il suo coraggio è solo spavalderia. Sarà. Ma intanto solo un pazzo punterebbe due soldi sulla pelle di Pannella, che gira senza scorta per vie e vicoli di Roma, a disposizione di qualsiasi pistola (e di pistole interessate al suo bersaglio debbono essercene parecchie).

Noi, è ovvio, non possiamo pronunciarci in favore di Pannella: egli giuoca in un campo che non è il nostro. Ma quattro cose dobbiamo dire, da avversari, di questo anomalo personaggio. La prima è che Pannella è, appunto, un personaggio su una scena politica popolata quasi esclusivamente di comparse e coristi. La seconda è che i suoi digiuni sono autentici e le sue tasche autenticamente vuote. La terza è che, se domani ci sarà un regime, ipotesi che si fa sempre più possibile , all’opposizione di questo regime ci saremo solo noi e Pannella, socio scomodo, ma di tutta affidanza.

E infine dobbiamo riconoscere che fra noi e lui c’è, per così dire, un fatto di sangue. Anche se scatena la sua buriana da sinistra facendo d’ogni erba un fascio aborto e bambini affamati, omosessuali e perseguitati politici e chiama la sua gente »compagni , ricordiamoci che Pannella è figlio nostro, non loro. Un figlio discolo e protervo, un giamburrasca devastatore che dopo aver appiccato il fuoco ai mobili e spicinato il vasellame, è scappato di casa per correre le sue avventure di prateria. Ma in caso di pericolo o di carestia, ve lo vedremo tornare portandosi al seguito mandrie di cavalli e di bufali selvaggi, quali noi non ci sogneremmo mai di catturare e domare.

Questo è Pannella. Voti non possiamo dargliene. Ma ci auguriamo che sia lui a mietere quelli che non ci appartengono.

lunedì 12 novembre 2007

Conoscenza e follia

Chi studia storia deve avere una mente malleabile e quasi schizofrenica, secondo me: deve cercare di mettersi nei panni di una o più persone vissute in altre epoche e cresciute secondo altri canoni e moralità, tentando di pensare come loro.
Allo stesso tempo deve guardare a quel patrimonio di nozioni, informazioni, teorie contemporanee di cui quell'essere umano del passato non era provvisto.

Una delle cose più difficili da capire, credo, quando si studiano società del passato è il salto qualitativo delle conoscenze economiche.

Fino alla metà abbondante del Settecento, anche nelle società economicamente più avanzate, non esisteva la parola "economia"; non si aveva un'idea precisamente matematica di flussi del mercato e della valuta, della produzione e della produttività, dello sviluppo di tecnologie.


Tanti mattoncini esistevano ed intuizioni empiriche sono attestati e talvolta emergono fra le righe, ma non esisteva una "scienza" economica.


Però esisteva ben chiaro il concetto del limite: perfino il più imbelle degli aristocratici sapeva che certi ritmi di sfruttamento del terreno sono dannosi (depauperamento=impoverimento dei contadini=abbassamento delle rendite=meno gioco d'azzardo o bella vita notturna e diurna).
Perfino il figliastro di Barry Lindon sapeva che le miniere si esauriscono, il paesaggio cambia, i boschi si diradano, ai tempi di vacche grasse seguono inevitabilmente tempi di vacche magre.


Eppure fino alla nascita della scienza economica si sapeva a malapena cosa fosse un bilancio e difficilmente si poteva calcolare in modo abbastanza certo entrate ed uscite, debiti e prestiti ed introiti.

Adesso la situazione si è rovesciata: non basterebbe una vita a conoscere perfettamente ed in profondità tutte le teorie e le scuole di pensiero economiche.

Ma forse non si riesce più ad accettare l'idea che il consumo (non mi riferisco al consumismo) è un prodotto dalle conseguenze di lunga durata ma di rapida fruibilità.
Il contrario del pensiero economico per cui va raggiunto il miglior equilibrio possibile fra utilizzo di risorse (materie prime, lavoro, denaro ecc.) e durevolezza ed efficienza del prodotto (o del servizio).


Eppure è così difficile per molti di noi accettare di parlare dell'esaurimento delle scorte petrolifere.



Come postilla, aggiungo che lo studio delle conseguenze del picco del petrolio dal punto di vista geopolitico è solo agli inizi: i piedi e le teste sono entrambi su un terreno inesplorato, gli uni in cielo, le altre in terra.




Alt, interrompiamo temporaneamente il flusso di paranoie...

domenica 11 novembre 2007

Precariato e call center

Copincollo un articolo di Letizia Tassinari



DATACENTER SAS E DIALCOM SRL:LA DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO HA NOTIFICATO IL PROVVEDIMENTO - Comunicato di Letizia Tassinari

CallcenterE' un boom "recente" quello dei call center, servizio usato in maniera crescente in diversi settori economici, a cominciare da quello telefonico.
Viene richiesto da compagnie telefoniche, banche, operatori turistici, assicurazioni, servizi vari,a ditte apposite che sono sorte in questi anni.
Anche la politica, a Lucca, ha recentemente scoperto questa formula delle "telefonate a raffica", per invitare a votare questo o quel candidato o partecipare ad altrimenti poco appetibili convention.

Chi di noi non ha mai ricevuto una telefonata a casa di un operatore di call center che cercava di "vendere" un abbonamento adsl o un "migliore" piano telefonico, una carta di credito, un corso di inglese o un vino?
A Lucca dall'altra parte della cornetta, spesso maltrattati da chi se ne sta in santa pace a casa propria e riceve la telefonata, ci sono centinaia di giovani e meno giovani impiegati con i famosi "contratti a progetto"

Alcuni di loro hanno cercato tutela sindacale e la Filcams Cgil ha ottenuto che la Direzione Provinciale del Lavoro avviasse un'ispezione in alcuni call center della Lucchesia, tra cui Data Center sas di Pagnini Marco e Dialcom srl.

La denuncia fu quella di abusare dei contratti a progetto e la richiesta quella di verificare orari e mansioni per vedere se non si trattasse in effetti di rapporti di lavoro subordinato.
Secondo il Sindacato "per il tipo di lavoro adottato nei call center è necessario il contratto di lavoro subordinato che prevede tutta una serie di diritti che vengono dribblati dai co.co.pro. o dalle prestazioni professionali occasionali dal momento che di fatto questi lavoratori svolgono un lavoro subordinato e devono essere assunti con regolare contratto a tempo indeterminato, part time o full time, che preveda tredicesima, quattordicesima, giorni di ferie e permessi retribuiti, TFR e retribuzione secondo il CCNL di categoria"

L'Ispezione da parte della Direzione Provinciale del Lavoro a Data Center di Pagnini Marco e Dialcom srl, quest'ultima Agenzia Territoriale Fastweb, si è da poco conclusa, dopo lunghi mesi di indagini, e, in questi giorni, è stato notificato al sig. Marco Pagnini, quale socio accomandatario di Data Center sas, e a Dialcom srl il provvedimento accertativo di competenza.

"Il settore dei call center - come hanno affermato Massimiliano Bindocci Segretario Provinciale Filcams Cgil e Letizia Tassinari - ha la malattia di tutti i settori che vivono in appalto: per conquistare il cliente e farsi affidare il servizio, che sia compagnia telefonica, banca, centro terapeutico, prodotto alimentare o altro, si fa leva sul prezzo piu' basso , ed ovviamente sulla pelle di chi lavora. La specificità di questo settore in appalto è che si gioca molto con le forme contrattuali ed infatti è uno di quelli che più fa affidamento su contratti a progetto, che spesso non hanno nulla a che vedere con la realtà del lavoro svolto. Negli annunci in cui cercano personale molte imprese di call center scrivono addirittura formule del tipo " contratto a progetto part time o full time", che è una contraddizione in termini. Come Filcams abbiamo fatto, e stiamo ancora facendo il possibile, per appoggiare le rivendicazioni dei lavoratori, anche se è un settore molto difficile da "sindacalizzare", dato il turn over altissimo.Avere ottenuto l'ispezione, alla quale è succeduto il provvedimento ministeriale, dimostra pero' che è possibile fare molto per garantire un minimo di diritti all'interno dei call center".

Per Data Center di Pagnini Marco e Dial Com srl è inoltre iniziata una causa dinanzi il Tribunale Civile di Lucca, sezione lavoro, promossa da cinque ex collaboratori a progetto, rappresentati dall'Avv. Franco Nencini, per il riconoscimento dei loro diritti di dipendente. L'udienza per prove a testi è stata fissata per il 7 luglio 2008.
Mentre altri lavoratori a progetto continuano a rivolgersi al Sindacato per il riconoscimento della natura subordinata dei loro rapporti di lavoro intercorsi con tali società.
Comunicato di Letizia Tassinari

Che sensazione di leggera follia

sta attraversando l'anima mia...


come dice il grande Mogol.


Ho appena finito di sentire il discorso di Berlusconi e torno a provare vecchie sensazioni.

Sconcerto, rabbia, tensione.

Ma soprattutto divertimento.


Vecchie parole, vecchi discorsi, vecchi trucchi retorici, vecchie risposte parziali a terribili domande, che ravvivano e risemantizzano vecchie sensazioni.


Mi verrebbe voglia di dire: grazie Silvio.


Mi fai inca@@re ma mi fai anche ridere, ebraicamente parlando.

sabato 10 novembre 2007

Ogni benedetto sabato

Tempo di spallarsi, di rilassarsi, di cantare, di respirare l'immancabilmente zozza aria di città...

Ammusicarsi, questo è quello che ci vuole...

Ognuno a modo suo, alla equatoriale, alla fiordica, alla apolide, alla tavernesca, alla missisipi...

giovedì 1 novembre 2007

Kassim: lo sciopero della fame si è concluso

Interrotto oggi lo sciopero della fame 29 ottobre 2007

La decisione in risposta all'impegno assunto dal CCDH (Conseil Consultatif des Droits de l'Homme) che ha esaminato il rapporto delle Ong dopo la visita al carcere di Salé .

Si attendono ora passi concreti ed immediati.



continua sul giustiziaperkassim.net

lunedì 22 ottobre 2007

Italiani in carcere all'estero: una conferenza stampa

COMUNICATO STAMPA

"LA CONDIZIONE DEI DETENUTI ITALIANI ALL’ESTERO"
Dal Caso “CARLO PARLANTI” detenuto nel penitenziario di Avenal
(California-USA)
Al Caso “ANGELO FALCONE” detenuto nello Stato himalayano dell’Himachal
Pradesh (India)

Conferenza Stampa mercoledì 24 Ottobre ore 14.00 presso la Sala Stampa
Camera dei Deputati- ingresso Via della Missione, 4

L'iniziativa promossa ed organizzata dall'On.le Marco Zacchera
(Responsabile Esteri AN e Vice Presidente del Comitato per gli Italiani
all'’Estero della Camera-www.marcozacchera.it) vuole sensibilizzare
l’'opinione pubblica sulla condizione dei detenuti italiani all’'estero
(circa 3.000 dai dati DGIT-Ministero affari esteri 2005) e far luce sui diritti
fondamentali che nonostante siano sanciti dalle varie convenzioni e
trattati internazionali vengono costantemente disattesi, dando vita a vere e proprie
tragedie umane e familiari.

La Data della Conferenza Stampa è stata fissata alla vigilia
dell’'udienza di Carlo Parlanti prevista il 25 Ottobre prossimo presso la Corte di
Ventura
(California)
Una data simbolica per riaffermare ancora una volta che Carlo Parlanti è
stato arrestato nel 2004 in Germania- sulla base di accuse non
riscontrate - estradato direttamente negli USA nel 2005, recluso nel penitenziario di
Avenal (California) in una cella di 400 detenuti ed attualmente
ricoverato presso l'ospedale di Beckersfield per le sue gravi condizioni di
salute e che speriamo possa rientrare da vivo in Italia. (www.carloparlanti.it)

Alla suddetta conferenza stampa parteciperanno
i firmatari della petizione parlamentare Zacchera sul caso Parlanti (21 Settembre) di quasi tutti gli schieramenti politici compresi i Deputati italiani eletti all’'estero ed il sindaco Ettore Severi (Sindaco di Montecatini Terme- città di Carlo
Parlanti) che dal 2004 segue attivamente la vicenda Parlanti


Interverranno insieme all'On.le Zacchera :
l'On. Avv. Giulia Bongiorno (AN)
l'On. Margherita Boniver (FI)già Ministro degli italiani
all'estero
Franco Londei di Secondoprocotollo:
l'organizzazione umanitaria impegnata nella difesa dei diritti umani (www.secondoprotocollo.org) che dall'Italia è in costante contatto
con il nuovo difensore di Carlo Parlanti

La madre di Carlo Parlanti: Nada Pacini e Katia Anedda: la compagna di sempre - fondatrice del comitato “Carlo Parlanti” che da anni sta lottando con tutte le proprie forze per far
luce sulla vicenda)

Si prega i Signori giornalisti, fotografi ed operatori radio-televisivi
di accreditarsi entro le h. 20 di Lunedì 22 ottobre presso l'ufficio
stampa Camera dei Deputati.

domenica 21 ottobre 2007

Kassim è in sciopero della fame

Abou ElKassim Britel è in sciopero della fame da mercoledì 17 ottobre


Una testimonianza-appello della moglie Khadija:


Nel carcere di Äin Bourjia è sospesa ogni attività, spento il forno, chiusa la cucina, i detenuti escono dalle celle solo per la preghiera in moschea. Lo sciopero è generalizzato.

Ancora una volta gli scioperanti chiedono un trattamento dignitoso, da sempre negato nel carcere di Salé.

Kassim stava lì fino ad anno fa, sa molto bene come ci si vive.

Nel marzo 2004, occhi bendati e manette ai polsi, vi subì un feroce pestaggio, accompagnato da ingiurie e dal taglio della barba con un coltello.

Non ho dimenticato la durezza di quel luogo e la coercizione esercitata anche su di noi parenti in visita.

Spero che mio marito resista, che il suo fisico già tanto provato non ceda, questo è il suo terzo sciopero della fame continuato

20 ottobre 2007


Cosa sta succedendo nelle carceri marocchine?

Dal 25 settembre è in atto la protesta degli 'islamistes' nel carcere di Salé...


Continua su giustiziaperkassim.net

venerdì 12 ottobre 2007

Coscienza e libertà

Spesso e volentieri religione e libertà sono viste come concetti autoescludentisi quando non diametralmente opposti.
L'etimo stesso della parola "religione" deriva da una radice indoeuropea che indica legame, relazione.

Un'intervista "a puntate" rilasciata da Abdannur a DatieFatti tocca un punto fondamentale di tale questione.
Partendo infatti dalla definizione della differenza fra il pensiero musulmano e la realtà dei paesi di religione islamica, Abdannur specifica l'importanza (ed i limiti) della professione di fede verso Allah:

D.: Ecco: quindi è diverso essere musulmano, e vivere islamicamente…

R.: Proprio com'è diverso, ad esempio, "professare" l'umanità e divinità del Cristo e, poi, dimenticare che "colui che lo ama è colui che ne accoglie i comandamenti e che li osserva" (Gv 14:21).
Nel Corano si parla dei credenti come di "coloro che credono e compiono il bene". Se credi "a parole", ma poi ti comporti in modo egoista, diffamatorio e violento - e dunque contrariamente a tutti i dettami della fede - allora dovrò senz'altro pormi qualche dubbio circa il tuo "credo", sebbene poi sia il Signore l'unico Giudice.

(le sottolineature in grassetto sono mie, N.d.R.)

Il muslim è colui che obbedisce alle leggi ed ai (ver)detti di Allah, che parla tramite il suo ultimo Profeta, Muhammad.
Analogamente (ma non identicamente), il buon cristiano è colui che obbedisce a ciò che Yeshua ben Yoseph, il Messiah (che non significa "figlio di Dio"), ha espresso sul pensiero di D_o.
Ma questo passo evangelico, che ha riscontri anche in numerosi passi coranici, dice molto di più: l'atto prescritto (aiuto dei bisognosi, rispetto dei riti e delle leggi religiose ecc.) è necessario ma non sufficiente alla completazione interiore del percorso verso Dio (ossia l'essere un buon credente).
Elemento essenziale è infatti il sentimento interiore, la predisposizione a fare il bene, l'assenza di calcoli e secondi fini.

Questa concezione (presente già nel pensiero ebraico precristiano) è stata rivoluzionaria, un tempo: le religioni politesitiche o enoteistiche preesistenti alle religioni abramiche vedevano infatti nelle leggi morali e nei precetti la volontà degli Dèi, i quali punivano severamente l'empietà e la crudeltà (concetti molto relativi, ovviamente).

Ma l'elemento della coscienza era secondario.


E ' l'interiorità dell'essere umano, più che i suoi atti, ad essere centrale nella relazione Dio-essere umano.

Ciò ebbe ed ha ripercussioni anche al di fuori della religione, inevitabilmente: nella società come nella politica, nell'arte come nel diritto. L'essere umano, al di là del suo credo, è visto come figlio dello stesso padre e ad esso sottoposto, anche se non ne è cosciente.

Nell'interiorità del suo animo si sviluppa il suo rapporto con il divino.

Ma essere coscienti della propria unicità per volere di Dio che ha creato l'umanità comporta il peso della decisione: decido l'obbedienza alle sue leggi o no?

La libertà interiore di scegliere è data.

Ma spesso non viene rispettata la libertà ad essa conseguente e susseguente: quella di vivere al di fuori delle regole del Dio.
Almeno all'interno del gruppo sociale-identitario di appartenenza.


Il peso della libertà di decidere secondo coscienza è di fronte a Dio e di fronte agli uomini: ed è un pesante fardello. Dal disprezzo sociale fino alla persecuzione da parte degli (altero)credenti, che, identificando il male in ciò che è al di fuori della loro visione di Dio, tendono ad odiare e isolare o distruggere coloro che a parere loro disobbediscono del tutto o in parte al suo volere.

Ad una forma di libertà interiore ed individuale dunque viene posto il limite dell'indiscutibilità di Dio.


La dialettica fra la coscienza umana individuale e l'umano desiderio di non accettare ciò che è ritenuto estraneo o distorto dal pensiero divino (il dogma).

martedì 9 ottobre 2007

Notizia redazionale....

Chiedo scusa ai lettori del blog per la lunga "vacanza" di post e commenti, ma fra situazioni ironiche con le aziende telefoniche ed il lavoro non sono riuscito ad aggiornare a lungo il blog.

Un caloroso e sentito GRAZIE ai lettori ed ai commentatori.

Adesso mi metterò di buona lena anche per mettere i links....

Il fatale confine fra possibile e reale

Lo studio sociopsicologico della paura, incentrato sui suoi effetti politici e giuridici, ha un peso sempre maggiore in molti studi politologici volti a comprendere meglio le complesse dinamiche che modificano più o meno impercettibilmente le nostre società postmoderne.
Tali studi erano stati già avviati con importantissimi ed ancora attuali risultati già nell'Ottocento, ad esempio dal filosofo danese Soeren Kierkegaard (Begrebet Angest in particolare, ma conosco solo l'edizione tedesca, Der Begriff Angst, 1844) o da Theodor Mommsen, sommo storico e fine conoscitore dell'animo umano, sempre cangiante nella storia e però sempre uguale.

Ma adesso, con il potenziarsi degli strumenti di comunicazione ed informazione di massa e soprattutto colla nascita dell'idea di opinione pubblica, sempre più decisiva in sistemi politici di democrazia rappresentativa, questa prospettiva storico-socio-psico-antropologica sta diventando sempre più importante ed interessante, in particolare per il lavoro intellettuale (e talvolta anche più o meno politico o comunque politologico) di numerosi centri di studi e think tanks statunitensi (tanto per cambiare).

La paura e l'angoscia sono due sentimenti umani molto simili ma anche diversi e talvolta respingentisi: la prima deriva dalla valutazione realistica di un pericolo effettivo ed imminente; l'altra nasce e si sviluppa nell'indeterminatezza, nella sensazione che qualcosa di orribile possa accadere, ma non vi è niente né di certo né di sicuro.

Questi sentimenti, il cui sviluppo e concretarsi dipendono anche e soprattutto dall'informazione, hanno spesso condotto a decisioni molto gravi e, superate le condizioni critiche, viste a posteriori come infamanti ; tanto per fare qualche esempio, la persecuzione di Ebrei e Mori nella Spagna della Reconquista, discriminati ed infine cacciati non tanto e non solo per intolleranza religiosa (certo presente e determinante), ma in quanto giudicati infide spie di stati ostili o forze occulte (paranormali e non).


O il clima di congiura e paura collettiva che indebolirono i movimenti marxisti, socialdemocratici e liberali nella Repubblica di Weimar e che di conseguenza e nel contempo favorirono grandemente (documenti riservati dei nazisti cantano) l'ascesa dei fanatici della NSDAP.


Insomma questo è un problema antropologico e sociale, almeno nelle sue manifestazioni più gravi ed irreparabili. Che può avere enormi conseguenze anche sul piano politico internazionale: il ventennio di guerre napoleoniche è difficilmente spiegabile senza porre mente alla paranoia della congiura francese paneuropea e dei terribili (per i poteri costituiti e le classi che di essi maggiormente usufruivano) effetti della Rivoluzione. Non bastano le indubbie ambizioni egemoniche (non imperiali) di Napoleone a spiegare il cataclisma politico-militare europeo che va dal 1789 alla battaglia di Waterloo e oltre.

Ma è in un altro punto che questi fattori pericolosi per la dignità e la felicità umane fanno spesso breccia.

Ed è il diritto.


Lo spirito delle leggi fondamentali (ossia la costituzione e la Carta dei Diritti dell'Uomo) è sostanzialmente la protezione dei diritti della persona umana, indifferentemente dalle sue idee, propensioni, opinioni, caratteristiche.

Ma quando la paura e l'angoscia permangono (magari anche per ragioni in qualche modo legittime e comprensibili) in una società che vuole e pretende di mantenere elevati standards di vita accettabile e dignitosa, dove si pone il margine di rischio?
Dove finisce il legittimo allarme per un pericolo e inizia una restrizione delle libertà fondamentali ed inalienabili di cui nessuno può seriamente presumere di vedere il termine ultimo e preciso?
Chi può dire serenamente che, nella certezza delle grandi conquiste giuridiche (che ancora adesso spesso non sono che lo specchio rovesciato e deformato della realtà sociale viva), la pretesa parziale e temporanea limitazione dei nostri DIRITTI sarà appunto solo passeggera e che tutto tornerà come prima, nessuno sa QUANDO, IN CHE CIRCOSTANZE e COME?

Al di là del normale buonsenso politico (è interesse di una classe politica restituire bontà sua quanto è stato tolto? I gruppi e le correnti non politiche prive di qualunque autorità o anche solo legittimità politico-decisionale, ad esempio magistrati e uomini di legge che ignorano lo spirito delle leggi o uomini d'affari desiderosi di fare guadagni e diventare più potenti, o anche semplici cittadini indifferenti ai loro diritti, queste realtà esistenti accetterebbero un ritorno ad una situazione precedente più equa?), la natura stessa del diritto, consuetudinario e destinato per sua natura ad incidere sul reale, più fedele ma anche malleabile possibile ad alcuni grandi concetti filosofici, spinge a vedere con preoccupazione fenomeni quali la restrizione delle libertà civili e dei diritti umani e dell'individuo politico.

Una riduzione dei diritti in stato di necessità avallato da una autorità giurisprudenziale è qualcosa che difficilmente può essere ignorata
o comunque non valutata anche dal giudice o dal legislatore più attento e coscienzioso; è impossibile determinare l'entità di un vulnus inferto ad una serie di categorie fondanti e determinanti del diritto, come si è configurato dai tempi di Omero a Salvo Giuliano a Kelsen ai nostri padri costituenti.
Perché la giurisprudenza non è una scienza: esistono limiti che un giudice deve rispettare; ma la legge viene interpretata. Una volta limitato un diritto essenziale, cosa impedirà di allargare le maglie di eccezionalità a quest'ultimo? O di restringere le garanzie assicurate da un altro?

Vale la pena, di fronte ad una terribile eventualità (ma occhio all'informazione), di rinunciare probabilmente per sempre (ma fosse anche solo per un giorno), ad un pezzo della nostra libertà e della nostra possibilità di vivere una vita degna di essere vissuta?

giovedì 6 settembre 2007

Carlo Parlanti: si metta fine a questa incredibile ingiustizia

Segnalo questa importante iniziativa di Secondo Protocollo:



Carlo Parlanti: si metta fine a questa incredibile ingiustizia




"Qualche centinaio di criminali può essere messo in libertà, ma un solo uomo innocente non deve finire in prigione, perché questo trasformerebbe l'intero sistema legale in un sistema criminale" (Venkatraman Iyer)

Carlo Parlanti è stato arrestato e condannato negli Stati Uniti con accuse infamanti dalle quali si dichiara completamente estraneo, accuse supportate da prove chiaramente artefatte quando non inesistenti. La storia è lunga ma è raccontata con dovizia di particolari in questa pagina, una storia che ha dell’incredibile per il suo svolgimento, chiaramente fuori da ogni logica di diritto. Il suo proseguo poi fa trapelare fatti che prefigurano un vero e proprio complotto ai danni di Carlo.



Continua su secondo protocollo

venerdì 31 agosto 2007

Crisi Radicale: Shock generazionale?

Il Patriarca Pannella, al pari dei suoi illustri predecessori, Abramo e Mosè, entrambi grandi rivoluzionari, Radicali titanici e dunque inarrestabili scassaca@@i, ha superato spesso tante grandi difficoltà e battaglie, alcune personali, altre di pubblico interesse.

Un elenco degli insulti che questo grande Rabbi ha ricevuto sia dai Radicali che dai non Radicali costituirebbe una manna per quei linguisti e psicologi del linguaggio che analizzano sincronicamente le espressioni triviali di una data lingua, considerandole uno degli elementi più vivi, originali ed interessanti della comunicazione umana.
Ma gli insulti sono parole, in fin dei conti...
Le accuse politiche strumentali pure.


Ciononostante, che i Radicali siano in crisi da tempo è purtroppo un dato di fatto.


L'ultima, ennesima scissione radicale si è avuta a proposito del figliol prodigo Daniele Capezzone: brillante, intelligente, preparato ma recentemente còlto a esaltare AN, uno dei partiti più anti-radicali che ci siano in Italia, sia per idee che per contenuti che per progettualità politica.
L'argomento anti-Pannella più frequente che ho sentito o letto dai Radicali capezzoniani (sia alla radio che sul web che stammtisch con gli amici) è più o meno fisso su questo tema (con variazioni): Pannella ha fatto i'ssuo ecc.... ma ormai è un povero rinc....nito.


ASSOLUTAMENTE NO, dico e ripeto io, senza variazioni.


Ma ciò non toglie che sotto e con Pannella, da circa dieci anni, direi, i Radicali stiano subendo una strana mutazione, avvertita e denunciata con immenso affetto e stima da Adriano Sofri.
I Radicali stanno cambiando; stanno smarrendo quell'antica, irresistibile, impopolare capacità di selezionare battaglie al limite dell'impossibile ma non illusorie, battaglie sociali e dunque capaci di attrarre e stimolare da tutti i fronti e partiti, battaglie di civiltà e dunque imprescindibili, in barba a divieti, minacce, tatticismi.

I Radicali non riescono più a condurre battaglie particolari, come quelle condotte per singole discriminazioni di omosessuali o di obiettori di coscienza.

Combattono per molti diritti umani sociali, come i diritti dei malati terminali o dei tanti condannati a morte in questo mondo pieno di capi di stato genocidi ed assassini di massa, ma non sentono più il grido di dolore isolato, l'appello di una persona che lamenta un caso particolare.
Oppure un caso tutt'altro che isolato, ma poco trattato dalla nostra stampa.



L'età del loro leader più importante, noto e rappresentativo non significa niente.
Pannella ha sicuramente alcune responsabilità in questa evoluzione degenerativa: ma non è né realistico né giusto né radicale farne il capro espiatorio, né pensare che una volta che egli avesse abbandonato la politica, il Partito radicale e le organizzazioni ed associazioni ad esso affini cambierebbero.

Questa crisi ha tante cause, su cui voglio concentrarmi volta per volta, ma credo che quella principale sia l'abitudine: l'essersi abituati (e dunque quasi adeguati) all'anomalia italiana.
Sono talmente abituati alle aberrazioni e alle contraddizioni di questo Paese che non percepiscono più le anomalie come tali; o vi danno un'occhiata desolata e non sentono quell'impulso furioso ed irrefrenabile che dà la forza di combattere duramente e con convinzione.


I Radicali non hanno più la stessa forza interiore di un tempo di arrabbiarsi, di sdegnarsi, di dire "così non può essere".


I Radicali hanno (o avevano) questa particolarità: non limitarsi a dire "questa data ingiustizia è normale, è così che va il mondo. Battiamoci ma non nutriamo tante speranze".
L'anima radicale è un'anima profetica: furente, talvolta integralista, ma dettata dall'amore.
Non affrontare un dato problema come se non fosse la cosa più importante è l'opposto dello spirito radicale.
Fortunatamente questa deficienza non ha ancora prevalso completamente, in quanto ancora adesso i Radicali combattono battaglie importanti; ma la tendenza è questa.
Si stanno omologando, burocratizzando.



E ciò è pericolosissimo.

Kassim: l'Italia non smette mai di farmi vergognare



Anni 60-70….

Gli anni delle stragi, delle manifestazioni piene di spie e provocatori, degli assassini-zorro, delle passeggiate finite in tragedia, dell’odio senza quartiere per chi non la pensava come te…


Begli, brutti anni.

Gli anni degli anarchici, sempre accusati di omicidi e stragi e sempre, regolarmente scagionati o assolti.


Gli anni della strage di Peteano, della bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura, di Pinelli, di Massimo Carlotto.

Mio padre ne ha raccontate tante di cose, con la precisione di un buon storico ma anche con una passione ed una conoscenza dei meccanismi psicologici di quegli anni che nessuno che non sia vissuto allora può avere.

E’ anche da lui che ho ereditato la sfiducia nel sistema giustizia italiano: non perché non ci siano moltissime persone serie che vi lavorano e che meritano il massimo rispetto; ma perché è un sistema talmente classista, marcio, corrotto ed iniquo,ultra protettivo coi potenti ed indifferente verso i deboli, che non si può fare altro che pregare o sperare di non finire, volenti o nolenti nei suoi meccanismi.

Ma le tragedie di trent’anni fa hanno insegnato qualcosa?

Le ingiustizie gravissime cui l’opinione pubblica e il ceto politico hanno assistito hanno contribuito a prendere coscienza della crisi ed a pensare ai possibili rimedi sul lungo periodo?

Pur essendo piuttosto ignorante in materia, mi pare che la risposta sia NO.

Il sistema giustizia in Italia è catastrofico e mi vergogno di essere italiano, quando penso a cosa è successo ad una sua nuova vittima: Abou Elkassim Brittel, un onest’uomo di religione musulmana, rapito in Pakistan, pur essendo cittadino italiano, sottratto alla coraggiosa moglie che da quel lontano 2002 continua una battaglia contro uomini ed apparati potenti ed indifferenti quando non criminali.

Perché rapire, torturare e tenere in luoghi segreti una persona, senza lasciargli la possibilità che parli con qualche avvocato e coi familiari o con la propria ambasciata, è un atteggiamento criminale, che costituisce una trafila di gravissimi reati penali che potrebbero fare finire in carcere un cittadino comune per il resto dei suoi giorni.

Grazie alla moglie di Kassim, Khadija, questa storia spaventosa non è finita nell’immenso dimenticatoio che ogni popolo,anche il nostro, possiede.

E per l’opera di tanti bloggers come Khadia, Falecius, Abdel Nur, Kelebek e per lo straordinario lavoro di Secondo Protocollo ed altre associazioni ed ONG le acque di putrida omertà che hanno impedito a Kassim ed a sua moglie di riabbracciarsi e di vivere la loro vita insieme sono state percepite da molte persone prima all’oscuro della vicenda.

E’ possibile aiutare in modo concreto queste persone, firmando una petizione e soprattutto spargendo la voce e rimanendo vigili, senza lasciare nel disperante dolore dell’indifferenza quelli che hanno sofferto e soffrono ingiustamente.

mercoledì 29 agosto 2007

La Frontiera Radicale

I Radicali hanno oltrepassato il varco.

Sono usciti dalla zona marginale che le loro idee e la loro storia hanno creato intorno a loro.

Sono entrati nella grande Politica, nel grande apparato di potere: ma molti non hanno capito (o forse hanno capito fin troppo bene) che contano ancora meno che in passato-

Il Radicale storico è un attivista di frontiera, un politico che sa individuare i punti deboli o critici del sistema Italia, avvertendo e proponendo soluzioni.

L’esternità (non estraneità) al sistema che critica è essenziale, in quanto concettualmente viene percepito ed esaminato il problema; ma è proprio sul campo dell’attuazione che lo storico equilibrio radicale si è modificato.
La responsabilità di rappresentanza e di governo obbliga a ingoiare rospi ed accettare idee non proprie: ma deve esserci un limite. Il limite fra la legittima accettazione di inevitabili compromessi e la compromissione con politiche ed atteggiamenti corrotti ed antidemocratici.

I Radicali hanno oltrepassato questa soglia, che è insieme ideale-esistenziale e tattico-politica: sono funzionali al sistema, ma nel modo sbagliato: non sono più gli inesorabili pungolatori propositori del cambiamento e della rivoluzione libertarian.

Sono parte del sistema, volenti o nolenti.
Il sistema li sta inglobando, attirandoli con piccole promesse, attraenti per la disperata situazione dei Radicali stessi, sempre più marginalizzati e derisi in un paese che condivide molte delle loro idee ma non li sostiene né li vota.

Ma ciò non deve accadere: non ora, non completamente.

E’ ora che i Radicali tornino ad avere fiducia in se stessi e rispetto per i propri elettori e simpatizzanti; è ora che facciano un passo indietro tattico che in realtà è un passo avanti, un ritorno al di qua della Frontiera.

Una Frontiera da cui si combatte e ci si appassiona, ci si scanna e da cui si affrontano le gravi crisi e le ingiustizie d’Italia e del Mondo.


Un posto da cui ci si batte per PEGAH e per le tante persone come lei; per KASSIM e per le tante vittime della paranoia antimusulmana che sta travolgendo l’Occidente.


E’ ora di tornare ad essere Radicali: marginali, ma con l’orgoglio di essere tali, consci di ricoprire una funzione politica ed etica essenziale in questo Paese.


E’ un grosso fardello, Gandhi lo sapeva meglio di chiunque altro e non ha mai smesso di ripeterlo.

Ma deve essere fatto.

Punto.

sabato 25 agosto 2007

Pegah Emambakhsh

Pegah Emambakhsh sta per essere assassinata.



E' questione di ore.


Ma c'è ancora speranza di salvarla dai suoi boia, sia quelli del teocratico Iran che quelli della libertaria Inghilterra.


Firmando qui e mandando una lettera è possibile impedire che una donna perseguitata ingiustamente venga pubblicamente flagellata ed assassinata.



Grazie