venerdì 31 agosto 2007

Kassim: l'Italia non smette mai di farmi vergognare



Anni 60-70….

Gli anni delle stragi, delle manifestazioni piene di spie e provocatori, degli assassini-zorro, delle passeggiate finite in tragedia, dell’odio senza quartiere per chi non la pensava come te…


Begli, brutti anni.

Gli anni degli anarchici, sempre accusati di omicidi e stragi e sempre, regolarmente scagionati o assolti.


Gli anni della strage di Peteano, della bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura, di Pinelli, di Massimo Carlotto.

Mio padre ne ha raccontate tante di cose, con la precisione di un buon storico ma anche con una passione ed una conoscenza dei meccanismi psicologici di quegli anni che nessuno che non sia vissuto allora può avere.

E’ anche da lui che ho ereditato la sfiducia nel sistema giustizia italiano: non perché non ci siano moltissime persone serie che vi lavorano e che meritano il massimo rispetto; ma perché è un sistema talmente classista, marcio, corrotto ed iniquo,ultra protettivo coi potenti ed indifferente verso i deboli, che non si può fare altro che pregare o sperare di non finire, volenti o nolenti nei suoi meccanismi.

Ma le tragedie di trent’anni fa hanno insegnato qualcosa?

Le ingiustizie gravissime cui l’opinione pubblica e il ceto politico hanno assistito hanno contribuito a prendere coscienza della crisi ed a pensare ai possibili rimedi sul lungo periodo?

Pur essendo piuttosto ignorante in materia, mi pare che la risposta sia NO.

Il sistema giustizia in Italia è catastrofico e mi vergogno di essere italiano, quando penso a cosa è successo ad una sua nuova vittima: Abou Elkassim Brittel, un onest’uomo di religione musulmana, rapito in Pakistan, pur essendo cittadino italiano, sottratto alla coraggiosa moglie che da quel lontano 2002 continua una battaglia contro uomini ed apparati potenti ed indifferenti quando non criminali.

Perché rapire, torturare e tenere in luoghi segreti una persona, senza lasciargli la possibilità che parli con qualche avvocato e coi familiari o con la propria ambasciata, è un atteggiamento criminale, che costituisce una trafila di gravissimi reati penali che potrebbero fare finire in carcere un cittadino comune per il resto dei suoi giorni.

Grazie alla moglie di Kassim, Khadija, questa storia spaventosa non è finita nell’immenso dimenticatoio che ogni popolo,anche il nostro, possiede.

E per l’opera di tanti bloggers come Khadia, Falecius, Abdel Nur, Kelebek e per lo straordinario lavoro di Secondo Protocollo ed altre associazioni ed ONG le acque di putrida omertà che hanno impedito a Kassim ed a sua moglie di riabbracciarsi e di vivere la loro vita insieme sono state percepite da molte persone prima all’oscuro della vicenda.

E’ possibile aiutare in modo concreto queste persone, firmando una petizione e soprattutto spargendo la voce e rimanendo vigili, senza lasciare nel disperante dolore dell’indifferenza quelli che hanno sofferto e soffrono ingiustamente.

Nessun commento: