lunedì 12 novembre 2007

Conoscenza e follia

Chi studia storia deve avere una mente malleabile e quasi schizofrenica, secondo me: deve cercare di mettersi nei panni di una o più persone vissute in altre epoche e cresciute secondo altri canoni e moralità, tentando di pensare come loro.
Allo stesso tempo deve guardare a quel patrimonio di nozioni, informazioni, teorie contemporanee di cui quell'essere umano del passato non era provvisto.

Una delle cose più difficili da capire, credo, quando si studiano società del passato è il salto qualitativo delle conoscenze economiche.

Fino alla metà abbondante del Settecento, anche nelle società economicamente più avanzate, non esisteva la parola "economia"; non si aveva un'idea precisamente matematica di flussi del mercato e della valuta, della produzione e della produttività, dello sviluppo di tecnologie.


Tanti mattoncini esistevano ed intuizioni empiriche sono attestati e talvolta emergono fra le righe, ma non esisteva una "scienza" economica.


Però esisteva ben chiaro il concetto del limite: perfino il più imbelle degli aristocratici sapeva che certi ritmi di sfruttamento del terreno sono dannosi (depauperamento=impoverimento dei contadini=abbassamento delle rendite=meno gioco d'azzardo o bella vita notturna e diurna).
Perfino il figliastro di Barry Lindon sapeva che le miniere si esauriscono, il paesaggio cambia, i boschi si diradano, ai tempi di vacche grasse seguono inevitabilmente tempi di vacche magre.


Eppure fino alla nascita della scienza economica si sapeva a malapena cosa fosse un bilancio e difficilmente si poteva calcolare in modo abbastanza certo entrate ed uscite, debiti e prestiti ed introiti.

Adesso la situazione si è rovesciata: non basterebbe una vita a conoscere perfettamente ed in profondità tutte le teorie e le scuole di pensiero economiche.

Ma forse non si riesce più ad accettare l'idea che il consumo (non mi riferisco al consumismo) è un prodotto dalle conseguenze di lunga durata ma di rapida fruibilità.
Il contrario del pensiero economico per cui va raggiunto il miglior equilibrio possibile fra utilizzo di risorse (materie prime, lavoro, denaro ecc.) e durevolezza ed efficienza del prodotto (o del servizio).


Eppure è così difficile per molti di noi accettare di parlare dell'esaurimento delle scorte petrolifere.



Come postilla, aggiungo che lo studio delle conseguenze del picco del petrolio dal punto di vista geopolitico è solo agli inizi: i piedi e le teste sono entrambi su un terreno inesplorato, gli uni in cielo, le altre in terra.




Alt, interrompiamo temporaneamente il flusso di paranoie...

8 commenti:

Maico Morellini ha detto...

Secondo me non è difficile accettare l'esaurimento del petrolio.
E' solo più comodo non farlo!
Strahad.

MattBeck ha detto...

Ciao Strahad e benvenuto!

Mmmhhh, ripensandoci in effetti... :-)

BarbaraLattanzi ha detto...

Interminabili sono le discussioni dulle fonti energetiche alternative. ma i fatti?

falecius ha detto...

i fatti barbara, sono semplici. Il petrolio è vicino al picco (nella più rosea delle ipotesi) e noi siamo in mare di guai.

falecius ha detto...

Il marco al 5 sono io.

MattBeck ha detto...

Ciao Barbara e Marco e benvenuti!


Non sono un esperto di energie alternative, ma credo che si possano dare per certi i seguenti punti:


1) le energie alternative ecologiche (o meglio gli strumenti che producono energia in modo pulito) hanno un rendimento energetico basso rispetto ai costi. La Germania, principale inquinatore europeo, ha avviato un immenso progetto per lo sviluppo di altre forme di produzione energetica a livello europeo, che ha come preventivo ca 20 miliardi di euro. Ma da qui a coprire il fabbisogmo della sola Europa occidentale (senza pensare all'Est), ce ne passa...

2) L'energia nucleare può parzialmente coprire quanto inevitabilmente verrà lasciato da fonti combustibili; ma...

Siamo sicuri che sia questo sistema economicamente sostenibile e ambientalmente accettabile?
Per tenersi in casa la robaccia radioattiva e non correre rischi ambientali che solo un idiota non vedrebbe bisogna pagare cifre stratosferiche per millenni (letteralmente). Per lo stoccaggio e la conservazione di scorie in luoghi stracorazzati ed assolutamente impermeabili ed estranei all'ambiente esterno.

Dunque sai che convenienza anche economica,rispetto al solare o all'eolico (soprattutto quello che sfrutterebbe i venti e le correnti marine ed oceaniche, progetto faraonico)



3) comunque la si giri, il nostro sistema consuma troppo, e vado in paranoia perché, nella mia ignoranza, mi sembra che nessuno sappia conciliare anche solo teoricamente e matematicamente una marcosocietà minoritaria (diciamo un miliardo o poco più metropoli costiere cinesi incluse) ultratecnologica che usufruisce dei benefici dell'energia e dell'elettricità, con la crescente (ed inevitabile) domanda di servizi senza consumare ciò che è consumabile ma limitato.


Come Fal, credo che i guai ci siano e soprattutto siano inevitabili

falecius ha detto...

Il nucleare ha due difetti:
- a fare bene i conti, non costa poco come sembra (le centrali obsolete da smantellare costano dieci volte la loro costruzione, e dopo 30 anni sarebbero da smantellare, circa)
- ha bisogno di uranio. L'uranio non è rinnovabile, e prima o poi andrà in picco.

occorre usare il più possibile energie rinnovabili (solare, eolico e geotermico in primis, ove possibile anche maree, moto ondoso, idroelettrico - ma qui siamo già quasi al limite - e biomassa). comunque il livello di consumi occidentale non sostenibile e va tendanzialmente ridotto.

MattBeck ha detto...

Sul picco dell'uranio, segnalo questo pezzo


http://aspoitalia.blogspot.com/2007/03/ancora-sul-picco-delluranio.html