mercoledì 23 aprile 2008

Unfit to lead Italy

Ripubblico da Dati e Fatti



UNFIT TO LEAD ITALY

"Dear foreign friend,

I'm writing this letter to explain you why Mr Berlusconi is the Prime Minister of Italy and to apologize for this.
First of all I'm sorry if you'll find mistakes in the letter but Letizia Moratti (Minister fot the Instruction from 2001 to 2006) cut funds to public schools to divide them with private one.

Italians voted and elected Mr Berlusconi for the third time because they are too busy on their own affairs that can't understand what's common good. So Mr Berlusconi is a perfect example of "self-made man" with the help of secret (illegal) association, people involved in mafia and other men not completely "clean", but his success in affairs and the image he has created of himself are enough to make Italians trust him.
I want to apologize also because you didn't played a role in electing Mr Berlusconi but you'll have to stand him, probably, for the next 5 years in international meeting.

Please, close your eyes and forgive him when he will shoot down journalists, make stupid photos and tell silly stories. Don't care if he will appreciate a woman as a high teenage does (e "high" vuol dire su di giri!).

I hope you'll have fun anyway."

Grazie all'autore (http://unipasticcio.splinder.com/post/16798393/International+relationship) che ci ha gentilmente concesso la citazione. Traduco in padano.

"Cari amis furaster,

ve scrivi 'sta lètera per spiegavv perché el Berluska l'è diventà anmò Prìm Minìster de l'Italia, e per scusamm de 'sta roba. Prima de tutt, me dispias se truvaré un quaij erùr nela lètera, ma la Letisia Moratti (che l'è stada Minister de la PUblica Istrusiùn dal dòmilaevùn al dòmilaesés) l'ha g'ha sùgaà la muneda a la scòla publica, per divìdela de quèla privada.

Ij Italian hann vutà e hann eleggiù el berluska per la tersa volta, perchée inn tropp ciappàa in butéga, e capisenn nòo el cuncétt de l'interess cumùn. Inscì el Berlùsca l'è l'esempi perfett de "vùn che'l s'è fàa in de per lù", cont la spinta de quaij manegg segrée (insomma minga tropp nett), con de la gent imanigada coi mafios e un quaij alter grass de rost: ma l'èe stàa insci bravo nel fàa i so afari, che adess gh'è un sacc de gent che la cred in lù.

Vurarìa scusamm anca perchè (notare l'accento, NdA), vijalter gh'entrìi nagott cont la sua vitòria, però g'havii istess de s'cepass i maroni con lùu per almen cinq ann anmò.

Per piasé, sarì ij oeucc, e dismentegevell quand che el licensia i giornalista, el se fà fàa di fotografij stupid, e el diss sù dij stupidad che el rid dumà lù. Fèe minga cas, se el tratta i donn comme di tosann de strada.

Pensi che ve divertarée istess."

(un pensiero a Slasch)

lunedì 14 aprile 2008

Election Day 2008: allucinazioni pre voto e rimembranze post voto

I risultati parlano chiaro: il PD le ha prese di santa ragione, l'Italia dei Valori bene, la Sinistra Arcobaleno... parce sepulto; il PDL trionfa, col sostegno della Lega Nord (non dico che ne penso, se no mi chiudono il blog per turpiloquio...), su La Destra il velo pietoso che si merita, Ferrara TIE'.

I giochi sono fatti, anche se a quest'ora non sono ancora noti i numeri dei seggi (2:00 am).
Berlusconi torna in trionfo, per l'ennesima volta è risorto dalle ceneri. Mi viene in mente una vignetta del grandissimo vignettista Giovanni Mosca: due uomini nerovestiti in un cimitero, volti affranti, cappello in mano, sguardo chino. Gli occhi sono volti verso una bara marmorea, ove è inciso "FASCISMO". Uno dei due dice: "E' morto e sepolto", l'altro aggiunge solerte: "Solo una democrazia come quella italiana sarà in grado di farlo resuscitare".

La storia si ripete, il cavaliere senza testa (nel senso che è non ha la faccia, date le balle e le prese di culo che propina) è tornato in questa sonnacchiosa valle di lacrime, in questa sleepy hollow, e le teste cadranno, se non si starà in guardia.




L'Andreotti di Arcore è un buon allievo della partitokratija italiota: sa come impadronirsi dei posti giusti e limitare se non annullare il potere di chi gli si oppone, sia dei competitori che degli avversari veri e propri.

Che, una volta finito Prodi, con l'auspicata uscita anche dell'innominabile si potesse assistere ad un pur lieve cambiamento nella logica di contrapposizione italiana, non è ancora dato usufuire; dobbiamo aspettare. Personalmente ho più volte espresso gravi perplessità sul PD (qui qui qui), tanto che non l'ho votato, però... immaginare una sconfitta del PDL... non rivedere Bondi e Cicchitto pimpanti.... non rivedere Bertinotti soddisfatto dei disastri soavemente e fuuuuuuuurbescamente combinati (la catastrofe storica dell'uscita dal parlamento gli ha tolto il sorriso).... immaginare un puranco deludente e difficile però decisivo passo avanti verso il bipolarismo anglosassone così vilipeso (guardacaso) da quei furboni di Giordano e Casini....


ALLUCINAZIONE IMMENSA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Tutto nel mondo è burla, l'uom è nato burlone, dice il buon vecchio Falstaff.
Piango e rido insieme: le sorprese, anche quando spiacevoli, possono avere il loro lato divertente o comunque curioso. Non mi aspettavo una vittoria di Veltroni, ma neanche mi aspettavo queste cifre.
Disperato, esasperato, scazzato.
La mediocrità di entrambe le alternative (l'innominabile ed il bamboccione vaticano) paradossalmente sminuisce solo temporaneamente questo sentimento. Bof, Guten Nacht, du falsche Welt, 'notte mondo truffaldino, stasera mi sento come Papageno prima che ritrovi la sua Papagena.
Ma domani è un altro giorno, nonostante tutto.

O no?

sabato 12 aprile 2008

Dell'Utri, un uomo d'onore perde il pelo ma non il vizio, forse

L'inaffondabile (sai che sforzo, in un Paese così) Marcello dell'Utri, già passato attraverso gli onori, o meglio gli imbarazzati silenzi della cronaca giudiziaria per diverse condanne, non ultima una per concorso esterno in associazione mafiosa, se non sbaglio ormai passata in giudicato, non si smentisce mai...

Potrebbe essere implicato in un'inchiesta della DDA di Reggio Calabria in un episodio di voti di scambio (ben 50000 per 200000 euro) riguardante gli Italiani all'estero: lui smentisce qualsiasi responsabilità o conoscenza di azioni criminose e dichiara di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia.
Ora, le sentenze le emettono i tribunali, nessuno sa né può dire se Dell'Utri c'entri qualcosa o no né se possa o debba essere condannato per quanto abbia eventualmente fatto, ma già fin d'ora mi sorgono due domande.


1) Chi ha potuto accedere a notizie riservate ed aveva interesse a diffonderle proprio ora, facendo infuriare gli inquirenti, che temono che l'indagine risulti irrimediabilmente inquinata?


2) Possibile che, tranne che in campagna elettorale, nessun partito, né a livello regionale né a livello nazionale, insista come un martello pneumatico su quel multiforme fenomeno che è il voto di scambio, che ridicolizza una delle colonne fondanti di una "democrazia" rappresentativa?




UPDATE Sul voto di scambio, segnalo questa importante testimonianza e la discussione che ne è nata

venerdì 11 aprile 2008

Pannella alla Crociata di cartapesta

Copincollo questo bellissimo articolo di Gennaro Carotenuto, che ben analizza e contesta l'ultima "provocazione" pannelliana ma soprattutto, nell'ambito del problema dell'informazione sui crimini contro l'umanità, esamina un atteggiamento più generalmente radicale piuttosto preoccupante...



Partito radicale: i diritti umani alla RAI sono "cosa nostra"

Sta facendo molto rumore, dentro e intorno al servizio pubblico, un vero e proprio diktat di Marco Pannella (nella foto in divisa da ustascia croato). Nella RAI dell’endemica lottizzazione, il Partito Radicale invece di combatterla ne pretende a gran voce una in più: i diritti umani. Questi sono un nostro specifico, tuona l’ustascia in questione, e solo noi abbiamo i titoli per occuparcene.

Lo storico capo radicale (che l’Opinione vuole senatore a vita) non si limita, in una sorta di editto bulgaro alla rovescia e in minore, ad indicare una carenza del servizio pubblico e a chiedere il rafforzamento di un singolo tema nei palinsesti radiotelevisivi. Fa molto di più Marco Pannella, pretende un programma televisivo, arriva a deciderne già il conduttore in un suo uomo, Walter Vecellio, e stabilisce perfino i temi dei quali il programma si può occupare: “il Tibet, il Darfur, la Cecenia, lo Zimbabwe”.

Infine il format Pannella lo pretende cotto e mangiato oggi stesso, da Romano Prodi, il capo del governo uscente contro il quale il diktat è pronunciato, e aspettatevi uno sciopero della fame e della sete prima delle elezioni se non dovesse essere accontentato. A questa straordinaria prepotenza lottizzatoria di Marco Pannella provano a replicare un po’ tutti, da Milena Gabanelli a Bruno Vespa, e perfino la voce del conduttore di Porta a Porta sembra più acconcia di quella del Partito Radicale.

Alcuni punti vanno evidenziati:

1) Il partito radicale (che oramai è in realtà solo un gruppo di interesse, una lobby), non ha alcun titolo per avocare a sé il copyright dei diritti umani in Italia del quale si occupano con dedizione e preparazione e soprattutto con meno parzialità, miriadi di soggetti, anche informativi, a partire da molteplice testate di giornalismo partecipativo. Del resto la parzialità, e di conseguenza l’inaffidabilità pretestuosa dei radicali sul tema dei diritti umani, è rivelato dallo stesso spudorato ordine del giorno pannelliano: “il Tibet, il Darfur, la Cecenia, lo Zimbabwe”. Neanche per sbaglio Pannella cita l’Iraq, dove da Abu Grajib in avanti nessun soggetto ha smesso di torturare e dove molteplici squadroni della morte (tra i quali spiccano quelli a stelle e strisce) agiscono indisturbati. Allo stesso modo non nomina Guantánamo né l’Afghanistan, né l’Egitto, né Gaza. Neanche sa Pannella dov’è la Colombia dei quattro milioni di profughi, né il Messico di Atenco, Juárez e Oaxaca, o i nostri CPT o il nostro canale di Sicilia, né null’altro che non risponda all’interesse di parte del partito radicale. Nomina perfino il Tibet e non la Cina (non sia mai che si parli di diritto del lavoro) a testimonianza della malafede nel difendere i diritti umani a comando, quando conviene e se conviene al PR.

2) Di diritti umani nel servizio pubblico si parla poco e male e si potrebbe fare molto meglio, ma se ne parla. Sarebbe lungo elencare le testate radiofoniche e televisive dedicate in tutto o in parte ai temi dei diritti umani e civili. Spesso il tema è trattato in maniera coraggiosa, spesso superando o tentando di superare limiti culturali, distanze e appartenenze.

3) Sarebbe perciò un errore mortale farne prerogativa di un programma ghetto (oltretutto appaltato ad un partito) che indurrebbe a pensare che i diritti umani siano un interesse di parte e non generale della collettività tutta. Il che a ben guardare è proprio quello che vuole chi i diritti umani li viola. Jorge Rafael Videla, il dittatore argentino dei 30.000 desaparecidos, e che scherzando sinistramente diceva che il suo governo era “derecho y humano”, “dritto e umano”, lo ha sempre sostenuto: “i diritti umani sono un pretesto per attaccare la mia politica”. Chi non è radicale il programma non se lo guarda e pace.

4) Al contrario è bene (per chiunque non sia fuori di senno) che il tema sia oggetto diffuso di attenzione in molteplici testate e orari, ma soprattutto nelle testate giornalistiche, nei TG e nei GR. I diritti umani come tema hanno bisogno di più risorse, migliori collocazioni orarie (Silvestro Montanari, con il suo straordinario programma, andava in onda all’una di notte) ma soprattutto maggiori competenze diffuse.

5) Infatti non è tollerabile che l’occhio e l’orecchio attento capisca al volo se il redattore ha idea o meno di cosa sta parlando. Non è tollerabile che un giornalista professionista del servizio pubblico non abbia una cultura profonda dei temi dei quali parla e non abbia neanche voglia di farsela. Ad un ascoltatore attento di tutte le testate giornalistiche RAI è evidente che nel servizio pubblico spesso viga l’arte di arrangiarsi come se fosse una testata di provincia.

6) Ottimi professionisti, contrattisti alle prime armi, squali in quota partitica pronti a vendersi al miglior offerente, convivono in un contesto nel quale lo studio, la formazione permanente, non ha alcun ruolo. I redattori dei servizio pubblico hanno mai seguito un corso di Diritto internazionale che permetterebbe loro di sapere (per esempio) chi è belligerante e chi no, cosa è terrorismo e cosa non lo è, oltre le ideologie? Sanno qualcosa di Storia dei diritti umani? Non è questo, l’ignoranza e la superficialità dei giornalisti, il motivo per il quale i temi vengono seguiti per due-tre giorni al picco di una crisi e poi dimenticati? In che modo i caporedattori (quelli che decidono materialmente di cosa parlare nei TG e nei GR) sono sensibilizzati al tema? Cosa sanno? STUDIANO?

Sarebbe quello in formazione permanente l’investimento più importante. Ma è previsto?





giovedì 3 aprile 2008

Caso Kassim Britel: parla sua moglie, Khadija

Su segnalazione di Khadija, copincollo da Arcoiris


Qui
la petizione per la liberazione di Kassim

Qui la segnalazione originale ed il video

Qui il sito di Khadija ed il blog; abbondante documentazione sulla vicenda qui



Il caso Britel - La Tana del Satyro intervista Anna Lucia Pighizzini

Il caso Britel - La Tana del Satyro intervista Anna Lucia Pighizzini Il caso Britel - La Tana del Satyro intervista Anna Lucia Pighizzini
Dall'11 settembre 2001, giorno del sanguinoso attentato alle Twin Towers, ci è stato detto che il mondo è cambiato e che erano necessarie nuove regole per fronteggiare la minaccia globale del terrorismo: negli USA è entrato in vigore il "Patriot Act", atto che ha ridotto fortemente le libertà civili dei cittadini americani, sono state scatenate le guerre in Afghanistan e in Iraq, è stato aperto l'infausto carcere di Guàntanamo e abbiamo conosciuto il drammatico fenomeno delle extraordinary renditions, rapimenti e deportazioni segrete operate dalla Cia, sostenuta in questi sforzi dalle intelligence e dai governi degli alleati europei, africani ed asiatici. Si è parlato molto del sequestro dell'imam egiziano Abu Omar a Milano, e invece ha trovato scarsa o nulla attenzione la vicenda di Abou Elkassim Britel, cittadino italiano di origini marocchine, incensurato e sottoposto ad extraordinary rendition nel marzo 2002, deportato dal Pakistan al Marocco, liberato senza accuse nel maggio 2003, nuovamente imprigionato nello stesso mese e condannato, in un processo non equo, a 12 anni di prigionia, ridotti a 9 in appello.
Tutto questo nella generale indifferenza dell'informazione, della politica e della diplomazia.
Abbiamo incontrato Anna Lucia Pighizzini, moglie di Abou Elkassim Britel, (convertitasi all'Islam con il nome di Khadija) per parlare della vicenda di suo marito, un abuso e una gravissima erosione dei diritti umani ai danni di un nostro concittadino, che offre molti spunti di riflessione alla tesi dominante secondo la quale, in nome della sicurezza è lecito sacrificare le libertà individuali.


Intervista a cura di Angelo Boccato