sabato 29 dicembre 2007

Banda della panda nera: quando la legge è peggio dell'anti-legge

Uno dei concetti che Giovanni Falcone amava ripetere di più era la particolarità della criminalità mafiosa.

Il mafioso intelligente, a detta di Falcone, non è il mafioso dei film di bassa lega, che picchia e sbruffoneggia ed uccide senza timore di essere riconosciuto e magari arrestato e magari condannato.

E’ un criminale prudente, un professionista del crimine, che ama lavorare e fare affari in silenzio, senza riflettori. E che usa o ordina di usare la violenza solo quando lo ritiene necessario.

Non per scrupoli morali, ma perché l’omicidio e la violenza fisica sono pericolose e vanno usate con attenzione; sono armi a doppio taglio. Ti permettono di ottenere un immediato vantaggio,ma possono crearti grossi problemi per il futuro, sia per l’eventuale intervento di forze dell’ordine o magistrati, sia per gli equilibri e le regole che esistono all’interno dell’organizzazione stessa.

Buscetta dichiarò esplicitamente che la bomba di Ciaculli preoccupò molti boss, al punto che: “Chi (NdR mafioso) non era colpevole era schifato per quello che era accaduto, ma, logicamente, sospettato… Scappammo tutti (NdR a causa dei mandati di cattura decretati nei nostri confronti): ma prima di scappare giurammo che chi aveva messo la bomba sarebbe stato punito con la morte”.

Ma cosa fare e pensare di fronte a crimini gravissimi commessi da membri delle Forze dell’Ordine, che hanno giurato di difendere la Legge e di farla rispettare?

Chi esercita un potere particolare in quanto funzionario pubblico deve avere, in corrispondenza del suo potere non comune, una responsabilità particolare.

Cerchiamo di immedesimarci in uno straniero senza permesso di soggiorno (dunque ancora più indifeso) o regolare, che dovrebbe vedere nelle forze dell’ordine la protezione dai soprusi. E scopre incontrando i cuoi carnefici (se non fin dai primi giorni in Italia) che chi dovrebbe difenderlo è un criminale della peggior specie, che usa l’uniforme per coprire le sue malefatte.

Non so chi legge, ma a me vengono letteralmente i brividi.

I delitti ed i comportamenti di cui sono stati incriminati i membri della banda della Panda Nera sono feroci e disgustosi, ma anche e soprattutto non razionali, privi apparentemente di logica, anche criminale.

Spero che i membri della banda abbiano un equo processo, con le garanzie che a tutti spettano.

Ma spero anche che, per il principio per cui dal potere pubblico deriva una particolare responsabilità (stante l’uguaglianza di tutti davanti alla legge), la giustizia imponga pene commisurate ai fatti, in nome dello stato di diritto.

venerdì 28 dicembre 2007

Napoli: Emergenza Duratura

Su segnalazione di Pratico posto questo bel servizio di La 7 sul disastro sanitario campano (che un giorno potrebbe diventare nazionale)


domenica 23 dicembre 2007

URGENTE

Pubblico parzialmente una email di Khadija


Chiedo a chiunque sia medico o esperto di scioperi della fame di consigliarci



www.giustiziaperkassim.net


oggi è il 38. giorno di sciopero della fame e la risposta del governo, che Le allego è la fotocopia di quella dello scorso anno, c'è di che preoccuparsi...
ora, sia l'avovcato che io siamo molto preoccupate per le prossime due settimane, vacanze e Kassim continua, ...
le chiedo, finora Kassim ha assunto solo acqua con zucchero, il thè gli dà la nausea, si è indebolito molto,
il medico gli ha somministrato due iniezioni per calmare i tanti dolori,
può informarsi per me qual'è la prassi qui in Italia (mi pare che si possano assumere anche altri liquidi, succhi o capuccini?)
vorrei convincere mio marito ad assumere qualcos'altro di liquido, lui non intende interrompere lo sciopero, ma temo che basterebbe un'influenza (e nel nuovo carcere l'umidità ed il freddo sono peggiori che ad Ain Bourja) per far precipitare la situazione.

grazie per l'aiuto e la solidarietà Khadija





martedì 18 dicembre 2007

Abou Britel: lo sciopero della fame continua


Dal 16 novembre Kassim Britel

è in sciopero della fame :

chiede di essere liberato

17 dicembre 2007

Fair Trials International promuove un'azione per la liberazione di Abou Elkassim Britel :

1. lettere o messaggi che esprimano la preoccupazione per le sue condizioni e la richiesta della sua liberazione vanno inviate a:

- Ambasciata d'Italia, 2 Zankat Idriss Al Ahzar, Rabat, Marocco;

- On. Massimo D'Alema, Ministro degli Affari Esteri, Piazzale della Farnesina 1 - 00194 Roma, Italia;

- On. Clemente Mastella, Ministro della Giustizia, Largo Luigi Daga 2, I - 00164 ROMA, Italia;

- Sua Altezza Reale Mohammed VI, re del Marocco, Palazzo Reale, Rabat, Marocco

2. una mail (clic su 'contact us' nel sito di Fair Trials International) di conferma e sostegno direttamente all'associazione che si occupa di cittadini europei, coinvolti in procedimenti penali all'estero, i cui diritti sono stati violati o rischiano di esserlo.

Kassim e Khadija ringraziano tutti coloro che li stanno sostenendo, ogni mail, ogni messaggio è per noi aiuto e prezioso incoraggiamento, grazie!

Il Manifesto del 16 dicembre dedica l'intera pag. 3 al caso Britel - articolo di Stefano Liberti ed intervista a Claudio Fava di Alberto D'Argenzio. Grazie!

15 dicembre 2007

Oggi fanno trenta giorni che Kassim Britel rifiuta il cibo: giorni senza riposo, di silenzio, di sofferenza, di attesa.

Ad Ain Bourja, Kassim cerca di tenersi ritto mentre prega, ignorando i battiti affrettati a tagliare il respiro, la testa pesante, il ventre spalancato a reclamar pienezza, le viscere doloranti e acquose, la schiena che pare spezzata, …

Così ieri è svenuto, i suoi compagni l'hanno aiutato, il medico gli ha contato le costole: è molto dimagrito, eppure di ora in ora cresce la sua determinazione, una determinazione che nulla può scalfire.

Ci sentiamo al telefono, umiliata io, una volta di più dal silenzio del nostro Paese, dal fluire delle mie giornate di lavoro come se nulla fosse, con il tarlo della sua possibile morte eppure solidale con lui fino in fondo, perché quest'ingiustizia che ci ha privato della vita deve finire, in un modo o nell'altro.

E gli racconto come meglio posso del bene che avremo, e lui ha un pensiero di fede, una parola buona che solleva la pena taciuta e nascosta. Con lui sono calma, so che non ci succederà nulla che non ci sia stato destinato.

Nella nostra casa vuota, lavoro come sempre per la vita di mio marito, pena e collera sono intollerabili, Kassim ha già patito troppe violenze e privazioni, so che non resisterà a lungo, già ora si poggia ad un bastone per muovere qualche passo, ieri non è stato in grado d'incontrare sua sorella…

Per il rispetto dovuto ad ogni vita, per la giustizia dovuta alla vittima innocente di una "guerra" non sua, per la nostra famiglia separata da quasi sei anni, che il Governo italiano si decida finalmente a portare a casa questo cittadino!



Khadija

domenica 16 dicembre 2007

Kassim: trentesimo giorno di sciopero della fame

Su "Il Manifesto" di stamani, 16 dicembre, a pag.3, c'è un articolo di Stefano Liberti sul caso Kassim, come pure un'intervista al parlamentare europeo Claudio Fava, che in più occasioni ha parlato del caso Britel, l'unico cittadino italiano vittima a tutt'oggi di extraordinary rendition e recluso in un carcere marocchino.

« Io, musulmano italiano, lasciato marcire in Marocco »

Qui la dichiarazione di Khadija, moglie di Kassim, a 30 giorni dall'inizio dello sciopero della fame

"Oggi fanno trenta giorni che Kassim Britel rifiuta il cibo: giorni senza riposo, di silenzio, di sofferenza, di attesa.

Ad Ain Bourja, Kassim cerca di tenersi ritto mentre prega, ignorando i battiti affrettati a tagliare il respiro, la testa pesante, il ventre spalancato a reclamar pienezza, le viscere doloranti e acquose, la schiena che pare spezzata, …

Così ieri è svenuto, i suoi compagni l'hanno aiutato, il medico gli ha contato le costole: è molto dimagrito, eppure di ora in ora cresce la sua determinazione, una determinazione che nulla può scalfire.

Ci sentiamo al telefono, umiliata io, una volta di più dal silenzio del nostro Paese, dal fluire delle mie giornate di lavoro come se nulla fosse, con il tarlo della sua possibile morte eppure solidale con lui fino in fondo, perché quest'ingiustizia che ci ha privato della vita deve finire, in un modo o nell'altro.

E gli racconto come meglio posso del bene che avremo, e lui ha un pensiero di fede, una parola buona che solleva la pena taciuta e nascosta. Con lui sono calma, so che non ci succederà nulla che non ci sia stato destinato.

Nella nostra casa vuota, lavoro come sempre per la vita di mio marito, pena e collera sono intollerabili, Kassim ha già patito troppe violenze e privazioni, so che non resisterà a lungo, già ora si poggia ad un bastone per muovere qualche passo, ieri non è stato in grado d'incontrare sua sorella…

Per il rispetto dovuto ad ogni vita, per la giustizia dovuta alla vittima innocente di una "guerra" non sua, per la nostra famiglia separata da quasi sei anni, che il Governo italiano si decida finalmente a portare a casa questo cittadino!"


Khadija





giovedì 13 dicembre 2007

Convegno sulla giustizia

Un piccolo esercito di magistrati fuori ruolo, anziché esercitare le funzioni giurisdizionali, è distaccato in incarichi di diretta o indiretta collaborazione con i Ministri. Sottosegretari, Capi di Gabinetto, Capi, Sottocapi e Funzionari di interi Uffici Legislativi, Portavoce di Ministri, di fatto scelti dalle correnti della magistratura associata, ogni giorno, da decenni, esercitano un pressoché assoluto monopolio “tecnico” sulle scelte “politiche” compiute dal Governo ed in particolar modo dal Ministro della Giustizia.

Occorre andare alla radice dell’irrisolto problema Giustizia, comprenderne le ragioni profonde, verificare le responsabilità e capire se in questo sistema si annidano le cause delle mancate riforme capaci di risolvere la “Questione Giustizia”, la giustizia come problema e questione sociale.
Potere Esecutivo e Potere Giudiziario, una commistione tra politica e magistratura, in particolar modo nel Ministero della Giustizia, che viene da lontano, di cui si parla e si conosce poco e sulla quale occorre far luce...

Radicali Italiani
e
Il Comitato Radicale per la Giustizia “Piero Calamandrei
organizzano il

Convegno
“Magistrati, Ministeri e Separazione dei Poteri: una proposta di legge per tornare alla Costituzione”

Camera dei Deputati - Sala del Refettorio - Palazzo San Macuto
Mercoledì 19 dicembre 2007- Ore 09,30

Interventi programmati

Prof. Giuseppe Di Federico

(Ordinamento Giudiziario - Università di Bologna, già membro del CSM)

Prof. Alfonso Celotto

(Ordinario di Diritto Costituzionale - Università Roma Tre)

Prof. Antonio D’Andrea

(Ordinario di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Brescia)

Prof. Giampiero di Plinio

(Prof. ordinario di Istituzioni di diritto pubblico Dipartimento Scienze giuridiche - Università Chieti/Pescara

Prof. Tommaso Edoardo Frosini

(Ordinario Diritto Pubblico Comparato – Università di Napoli “Suor Orsola Beninca”)

Prof. Mario Patrono

(Ordinario Diritto Pubblico – Università La Sapienza di Roma)

Prof. Avv. Nicolò Zanon

(Ordinario di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Milano)

Avv. Renato Borzone

(Segretario Nazionale Unione Camere Penali Italiane)

Avv. Gian Domenico Caiazza

(Presidente Camera Penale di Roma)

Dr. Bruno Tinti

(Procuratore Aggiunto presso la Procura di Torino)

Dr. Giuseppe Corasaniti

(Sostituto Procuratore presso la Procura di Roma)

Dr. Giuseppe Bianco

(Sostituto Procuratore presso la Procura di Firenze)

Sen. Avv. Roberto Manzione

(Ulivo, Vicepresidente Commissione Giustizia del Senato)

On. Avv. Gaetano Pecorella

(Responsabile Giustizia di Forza Italia, Commissione Giustizia della Camera )

Sen. Avv. Cesare Salvi

(Presidente Commissione Giustizia del Senato)

Interviene

Rita Bernardini

(Segretaria Nazionale Radicali Italiani)

Conclude

Marco Pannella

Coordina i lavori

Avv. Giuseppe Rossodivita

(Giunta Esecutiva Nazionale Radicali Italiani
Responsabile Comitato Radicale per la Giustizia “Piero Calamandrei”)







Per la locandina, vedi qui

mercoledì 5 dicembre 2007

Abou ElKassim: continua lo sciopero della fame

Copincollo dal sito giustiziaperkassim



Abou Elkassim Britel, l'unico cittadino italiano, a quanto si sa, vittima di extraordinary rendition è in sciopero della fame dal 16 novembre nel carcere di Äin Bourja, Casablanca.

La sua protesta per un miglioramento delle condizioni di detenzione e contro atti di grave violenza passati e attuali, è oggi finalizzata ad ottenere la sua liberazione, come preannunciato lo scorso 19 novembre.

Mio marito ha sottoscritto ed inoltrato una precisa dichiarazione in tal senso al Ministero di Giustizia marocchino il 3 u.s..

La sua decisione è ferma e motivata. La preoccupazione per la sua vita è molto seria, ma, lo ribadiamo, questa è l'unica azione possibile.

Abou Elkassim Britel subisce dal 2002 fatti di inaudita gravità sul piano dei diritti umani e civili.

Il caso è seguito da diverse Ong internazionali.

Cito solo gli interventi più recenti: Amnesty International ha inserito la vicenda di Abou Elkassim Britel nel rapporto sull'Italia al Comitato Onu contro la tortura in aprile 2007; Fair Trials International ha scritto, il 14 novembre 2007, ai Ministri D'Alema e Mastella per sostenere il rilascio immediato.

A febbraio 2007, il Parlamento europeo « sollecita il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere l'immediato rilascio di Abou Elkassim Britel » nella ' Risoluzione sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri '.

Chiedo che il Governo italiano si attivi immediatamente, per rendere, alla sua vita e alla sua famiglia, questo suo cittadino ed evitare una conclusione drammatica della quale sarebbe comunque responsabile.

E che ci venga data una risposta, anche personale, perché il perdurare di questo silenzio nei nostri confronti non fa che accrescere la nostra angoscia

Khadija Anna Lucia Pighizzini

5 dicembre 2007

per informazioni: www.giustiziaperkassim.net







domenica 2 dicembre 2007

Pericolo sociale ed informazione

Già una volta, su un altro contesto, ho fatto qualche rapida osservazione sul grande potere sociale della Paura, del timore di qualcosa non ben conosciuto che destabilizza e può portare a gravi conseguenze.

La "questione" Roma e più in generale Romeni (due popoli diversi) è ampiamente discussa da molti organi di stampa e sta assumendo sempre più i toni e l'ideologia di una campagna di allarme razziale o comunque etnico.

Si parla di Roma, fra i quali ovviamente esistono anche delinquenti più o meno occasionali e più o meno pericolosi: si prendono casi singoli, privi di un intrinseco valore statistico e legale. Ma ci si guarda bene dall'osservare il contesto. Ci si potrebbe chiedere, a parità di reazione con la microcriminalità commessa da immigrati (regolari o meno), cosa avrebbero dovuto fare USA o Australia o Germania con l'immigrazione nostrana, costituita da molti onesti lavoratori, ma anche da forme di organizzazione criminale colà prima sconosciute.

Ogni contesto è a sé; ma ogni fenomeno va osservato da diverse prospettive.

D'altra parte i telegiornali e molti giornali si guardano bene dal parlare dei problemi che costituiscono un pericolo sociale maggiore degli episodi criminali più "sensazionali" (pur gravi): che molte regioni stanno assumendo sempre più l'aspetto di zone ad economia mafiosa; che esiste una crisi economica; che una classe politica sempre più corrotta ed autoreferenziale ed intoccabile non dà più segno di voler attivare riforme anche solo moderate capaci di migliorare lo stato di cose.

L'elenco è lungo e noto a tutti.

Epperò ecco che certi organi di stampa, che hanno soprasseduto ad esempio sul fatto accertato giudiziariamente che l'allora Premier in carica aveva corrotto dei giudici comprandosi delle sentenze, oppure che un pluri Primo ministro ha intrattenuto per decenni rapporti con i più potenti capimafia dell'epoca, partono all'attacco e urlano che non c'è più lo stato di diritto perché i Roma ed i Romeni e gli Albanesi delinquono e non vengono puniti.

Alla faccia dello stato di diritto.

Alla faccia della corretta informazione.

I dati disponibili forniscono un quadro ben diverso...

L'Italia anomala e l'anomalia radicale

Un dibattito molto interessante sulla giustizia italiana cui hanno preso parte Marco Travaglio, Daniele Capezzone e Giampaolo Zancan mi stimola a pensare da un'altra prospettiva sull'anomalia radicale, su cui ho già sbattuto la testa più volte (qui qui e qui).

Il dibattito, serio ed accalorato, ha toccato alcuni temi chiave: separazione delle carriere e conseguente netta distinzione fra magistratura inquirente e giudicante; riaffermazione dell'obbligatorietà dell'azione penale; semplificazione delle procedure; assicurazione delle garanzie costituzionali delle parti in causa ecc.

Ma le tensioni e le differenze sono scoppiate soprattutto sulla particolarità della situazione italiana,

dove molti magistrati sono riuniti in associazioni con un più o meno preciso sentire politico (ciò che secondo alcuni fa dubitare dell'imparzialità del giudice),

dove alcune sentenze di incredibile gravità non hanno il peso massmediatico e politico dovuto,

dove le grandi inchieste e le grandi sentenze (teoricamente basate su fatti, documenti e testimonianze incrociate o comprovate dunque verosimili) creano spartiacque popolari e tensioni fortissime.
Non solo a livello politico e castale.


In particolare, intorno al Palavobis, alcune frasi di Capezzone rivolte a Zancan e Travaglio mi hanno colpito: "l'anomalia siete voi e Berlusconi (1h 27m)"; "voi vi create a vicenda (1h 41m); "avete bisogno gli uni degli altri" (1 h 42m).


Beh, in qualche modo è vero: i magistrati di idee liberal (Zancan è sempre stato vicino ai radicali) ed i giornalisti d'inchiesta (come Travaglio oggettivamente è, i suoi libri, molto documentati, cantano) esistono ovunque; ma appunto nella loro presenza (normale) in un paese misterioso sta la loro anomalia.


Capezzone stesso, allora virgulto e astro nascente del movimento radicale, non può non essere definito un politico anomalo nel deprimente panorama politico italiano.

Quello che Capezzone e molti radicali non accettavano e non accettano (Palavobis, Travaglio, Micromega ecc.) è un'anomalia che reputano antidemocratica, giustizialista e forcaiola; ma (qualunque opinione si abbia delle suddette persone e dei suddetti fenomeni) quali sono i parametri per giudicare male un'anomalia?

I Radicali stessi sono un'anomalia nel panorama europeo: essi sono il pungolo di un Paese anomalo perché diventi "normale", cioè perché la corruzione, il classismo, il partitismo, la situazione politica economica e sociale del Paese rientrino più o meno nei parametri di un paese "democratico".

Cosa sarebbe dei Radicali se non esistesse un "caso Italia"?

Certe volte ci sarebbe da chiedersi se non sia una cosa anomala che i Radicali non esistano anche nei Paesi "normali".

E cosa succederebbe se l'Italia divenisse un paese normale.


Forse bisognerebbe smetterla di considerare negativamente l'anomalia in quanto tale...