venerdì 31 agosto 2007

Crisi Radicale: Shock generazionale?

Il Patriarca Pannella, al pari dei suoi illustri predecessori, Abramo e Mosè, entrambi grandi rivoluzionari, Radicali titanici e dunque inarrestabili scassaca@@i, ha superato spesso tante grandi difficoltà e battaglie, alcune personali, altre di pubblico interesse.

Un elenco degli insulti che questo grande Rabbi ha ricevuto sia dai Radicali che dai non Radicali costituirebbe una manna per quei linguisti e psicologi del linguaggio che analizzano sincronicamente le espressioni triviali di una data lingua, considerandole uno degli elementi più vivi, originali ed interessanti della comunicazione umana.
Ma gli insulti sono parole, in fin dei conti...
Le accuse politiche strumentali pure.


Ciononostante, che i Radicali siano in crisi da tempo è purtroppo un dato di fatto.


L'ultima, ennesima scissione radicale si è avuta a proposito del figliol prodigo Daniele Capezzone: brillante, intelligente, preparato ma recentemente còlto a esaltare AN, uno dei partiti più anti-radicali che ci siano in Italia, sia per idee che per contenuti che per progettualità politica.
L'argomento anti-Pannella più frequente che ho sentito o letto dai Radicali capezzoniani (sia alla radio che sul web che stammtisch con gli amici) è più o meno fisso su questo tema (con variazioni): Pannella ha fatto i'ssuo ecc.... ma ormai è un povero rinc....nito.


ASSOLUTAMENTE NO, dico e ripeto io, senza variazioni.


Ma ciò non toglie che sotto e con Pannella, da circa dieci anni, direi, i Radicali stiano subendo una strana mutazione, avvertita e denunciata con immenso affetto e stima da Adriano Sofri.
I Radicali stanno cambiando; stanno smarrendo quell'antica, irresistibile, impopolare capacità di selezionare battaglie al limite dell'impossibile ma non illusorie, battaglie sociali e dunque capaci di attrarre e stimolare da tutti i fronti e partiti, battaglie di civiltà e dunque imprescindibili, in barba a divieti, minacce, tatticismi.

I Radicali non riescono più a condurre battaglie particolari, come quelle condotte per singole discriminazioni di omosessuali o di obiettori di coscienza.

Combattono per molti diritti umani sociali, come i diritti dei malati terminali o dei tanti condannati a morte in questo mondo pieno di capi di stato genocidi ed assassini di massa, ma non sentono più il grido di dolore isolato, l'appello di una persona che lamenta un caso particolare.
Oppure un caso tutt'altro che isolato, ma poco trattato dalla nostra stampa.



L'età del loro leader più importante, noto e rappresentativo non significa niente.
Pannella ha sicuramente alcune responsabilità in questa evoluzione degenerativa: ma non è né realistico né giusto né radicale farne il capro espiatorio, né pensare che una volta che egli avesse abbandonato la politica, il Partito radicale e le organizzazioni ed associazioni ad esso affini cambierebbero.

Questa crisi ha tante cause, su cui voglio concentrarmi volta per volta, ma credo che quella principale sia l'abitudine: l'essersi abituati (e dunque quasi adeguati) all'anomalia italiana.
Sono talmente abituati alle aberrazioni e alle contraddizioni di questo Paese che non percepiscono più le anomalie come tali; o vi danno un'occhiata desolata e non sentono quell'impulso furioso ed irrefrenabile che dà la forza di combattere duramente e con convinzione.


I Radicali non hanno più la stessa forza interiore di un tempo di arrabbiarsi, di sdegnarsi, di dire "così non può essere".


I Radicali hanno (o avevano) questa particolarità: non limitarsi a dire "questa data ingiustizia è normale, è così che va il mondo. Battiamoci ma non nutriamo tante speranze".
L'anima radicale è un'anima profetica: furente, talvolta integralista, ma dettata dall'amore.
Non affrontare un dato problema come se non fosse la cosa più importante è l'opposto dello spirito radicale.
Fortunatamente questa deficienza non ha ancora prevalso completamente, in quanto ancora adesso i Radicali combattono battaglie importanti; ma la tendenza è questa.
Si stanno omologando, burocratizzando.



E ciò è pericolosissimo.

Kassim: l'Italia non smette mai di farmi vergognare



Anni 60-70….

Gli anni delle stragi, delle manifestazioni piene di spie e provocatori, degli assassini-zorro, delle passeggiate finite in tragedia, dell’odio senza quartiere per chi non la pensava come te…


Begli, brutti anni.

Gli anni degli anarchici, sempre accusati di omicidi e stragi e sempre, regolarmente scagionati o assolti.


Gli anni della strage di Peteano, della bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura, di Pinelli, di Massimo Carlotto.

Mio padre ne ha raccontate tante di cose, con la precisione di un buon storico ma anche con una passione ed una conoscenza dei meccanismi psicologici di quegli anni che nessuno che non sia vissuto allora può avere.

E’ anche da lui che ho ereditato la sfiducia nel sistema giustizia italiano: non perché non ci siano moltissime persone serie che vi lavorano e che meritano il massimo rispetto; ma perché è un sistema talmente classista, marcio, corrotto ed iniquo,ultra protettivo coi potenti ed indifferente verso i deboli, che non si può fare altro che pregare o sperare di non finire, volenti o nolenti nei suoi meccanismi.

Ma le tragedie di trent’anni fa hanno insegnato qualcosa?

Le ingiustizie gravissime cui l’opinione pubblica e il ceto politico hanno assistito hanno contribuito a prendere coscienza della crisi ed a pensare ai possibili rimedi sul lungo periodo?

Pur essendo piuttosto ignorante in materia, mi pare che la risposta sia NO.

Il sistema giustizia in Italia è catastrofico e mi vergogno di essere italiano, quando penso a cosa è successo ad una sua nuova vittima: Abou Elkassim Brittel, un onest’uomo di religione musulmana, rapito in Pakistan, pur essendo cittadino italiano, sottratto alla coraggiosa moglie che da quel lontano 2002 continua una battaglia contro uomini ed apparati potenti ed indifferenti quando non criminali.

Perché rapire, torturare e tenere in luoghi segreti una persona, senza lasciargli la possibilità che parli con qualche avvocato e coi familiari o con la propria ambasciata, è un atteggiamento criminale, che costituisce una trafila di gravissimi reati penali che potrebbero fare finire in carcere un cittadino comune per il resto dei suoi giorni.

Grazie alla moglie di Kassim, Khadija, questa storia spaventosa non è finita nell’immenso dimenticatoio che ogni popolo,anche il nostro, possiede.

E per l’opera di tanti bloggers come Khadia, Falecius, Abdel Nur, Kelebek e per lo straordinario lavoro di Secondo Protocollo ed altre associazioni ed ONG le acque di putrida omertà che hanno impedito a Kassim ed a sua moglie di riabbracciarsi e di vivere la loro vita insieme sono state percepite da molte persone prima all’oscuro della vicenda.

E’ possibile aiutare in modo concreto queste persone, firmando una petizione e soprattutto spargendo la voce e rimanendo vigili, senza lasciare nel disperante dolore dell’indifferenza quelli che hanno sofferto e soffrono ingiustamente.

mercoledì 29 agosto 2007

La Frontiera Radicale

I Radicali hanno oltrepassato il varco.

Sono usciti dalla zona marginale che le loro idee e la loro storia hanno creato intorno a loro.

Sono entrati nella grande Politica, nel grande apparato di potere: ma molti non hanno capito (o forse hanno capito fin troppo bene) che contano ancora meno che in passato-

Il Radicale storico è un attivista di frontiera, un politico che sa individuare i punti deboli o critici del sistema Italia, avvertendo e proponendo soluzioni.

L’esternità (non estraneità) al sistema che critica è essenziale, in quanto concettualmente viene percepito ed esaminato il problema; ma è proprio sul campo dell’attuazione che lo storico equilibrio radicale si è modificato.
La responsabilità di rappresentanza e di governo obbliga a ingoiare rospi ed accettare idee non proprie: ma deve esserci un limite. Il limite fra la legittima accettazione di inevitabili compromessi e la compromissione con politiche ed atteggiamenti corrotti ed antidemocratici.

I Radicali hanno oltrepassato questa soglia, che è insieme ideale-esistenziale e tattico-politica: sono funzionali al sistema, ma nel modo sbagliato: non sono più gli inesorabili pungolatori propositori del cambiamento e della rivoluzione libertarian.

Sono parte del sistema, volenti o nolenti.
Il sistema li sta inglobando, attirandoli con piccole promesse, attraenti per la disperata situazione dei Radicali stessi, sempre più marginalizzati e derisi in un paese che condivide molte delle loro idee ma non li sostiene né li vota.

Ma ciò non deve accadere: non ora, non completamente.

E’ ora che i Radicali tornino ad avere fiducia in se stessi e rispetto per i propri elettori e simpatizzanti; è ora che facciano un passo indietro tattico che in realtà è un passo avanti, un ritorno al di qua della Frontiera.

Una Frontiera da cui si combatte e ci si appassiona, ci si scanna e da cui si affrontano le gravi crisi e le ingiustizie d’Italia e del Mondo.


Un posto da cui ci si batte per PEGAH e per le tante persone come lei; per KASSIM e per le tante vittime della paranoia antimusulmana che sta travolgendo l’Occidente.


E’ ora di tornare ad essere Radicali: marginali, ma con l’orgoglio di essere tali, consci di ricoprire una funzione politica ed etica essenziale in questo Paese.


E’ un grosso fardello, Gandhi lo sapeva meglio di chiunque altro e non ha mai smesso di ripeterlo.

Ma deve essere fatto.

Punto.

sabato 25 agosto 2007

Pegah Emambakhsh

Pegah Emambakhsh sta per essere assassinata.



E' questione di ore.


Ma c'è ancora speranza di salvarla dai suoi boia, sia quelli del teocratico Iran che quelli della libertaria Inghilterra.


Firmando qui e mandando una lettera è possibile impedire che una donna perseguitata ingiustamente venga pubblicamente flagellata ed assassinata.



Grazie