domenica 18 novembre 2007

Grandezza e miseria, qualche osservazione su Richard Wagner

Ogni volta che mi trovo davanti ad una grande opera di ingegno, penso e sento che mi piacerebbe incontrare e discutere (perché no, anche solo chiacchierare) con l'autore di questa grande cosa.

Un'idea molto comune.

Ma chissà se in tanti casi si tratterebbe di un'esperienza bella o comunque affascinante. I biografi seri passano anni a demolire le agiografie che inevitabilmente vengono fatte di grandi artisti, filosofi, letterati ecc.
E nei risultati è contenuta una buona dose di ironia: ci si diverte ad accorgersi di quanto spesso dietro grandi ingegni si nascondano caratteri terribili e spesso anche meschini: insomma, normali. Ed umani. Abisso fra ciò che è la vulgata e ciò che è la realtà delle testimonianze e degli eventi.

Una delle poche eccezioni è Richard Wagner, mi sembra.

Grande, sommo artista (anche se molti non lo sopportano), oggettivamente.

Poeta di notevole livello, ma anche lì ostico e molto difficile. Non basta conoscere il tedesco per apprezzare la poesia di Wagner, con le allitterazioni, le assonanze, le ridondanze, i suoi arcaismi e dialettalismi. Bisogna armarsi di pazienza e scavare il testo, per attingere alla fonte della sua bellezza. Magari con un eccellente commento.

Ma quanta ricchezza in quei libretti. Quanto pensiero raffinato, quanto sentimento, quanta concentrazione.

Esteta autodidatta, arrogante e istrione, come notava Thomas Mann (il primo dei wagneriani).

Eppure il concetto di teatro e di arte sono cambiati anche grazie a lui; ha intuito certe debolezze ed affettazioni dell'arte del suo tempo; sarà per questo che Gautier, Mallarmé, Baudelaire e perfino certi pittori adoravano la sua musica plastica, avvolgente, totalizzante.

Come accettare che un uomo con tante idee oscene e contrarie a tanti principi umanistici abbia prodotto grandi capolavori dell'arte umana?


Una soluzione a questo problema potrebbe essere una netta separazione fra Arte e Vita, distinguendo l'uomo spregevole dall'artista geniale.


Ma idea non è molto convincente, secondo me.


L'arte senza etica non è arte, è mestiere.


Forse è anche per questo che Wagner è così amato ed odiato: perché esprime esplicitamente, col suo carattere rissoso egocentrico e paranoico, le due facce dell'umanità: ricca di sentimenti negativi (normalmente nascosti) e di slanci ideali, di pensieri profondi e spesso contraddittori.
Ma è un mistero fitto, su cui sarà sempre bene interrogarsi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e