Dal 16 novembre Kassim Britel
è in sciopero della fame :
chiede di essere liberato
17 dicembre 2007
Fair Trials International promuove un'azione per la liberazione di Abou Elkassim Britel :
1. lettere o messaggi che esprimano la preoccupazione per le sue condizioni e la richiesta della sua liberazione vanno inviate a:
- Ambasciata d'Italia, 2 Zankat Idriss Al Ahzar, Rabat, Marocco;
- On. Massimo D'Alema, Ministro degli Affari Esteri, Piazzale della Farnesina 1 - 00194 Roma, Italia;
- On. Clemente Mastella, Ministro della Giustizia, Largo Luigi Daga 2, I - 00164 ROMA, Italia;
- Sua Altezza Reale Mohammed VI, re del Marocco, Palazzo Reale, Rabat, Marocco
2. una mail (clic su 'contact us' nel sito di Fair Trials International) di conferma e sostegno direttamente all'associazione che si occupa di cittadini europei, coinvolti in procedimenti penali all'estero, i cui diritti sono stati violati o rischiano di esserlo.
Kassim e Khadija ringraziano tutti coloro che li stanno sostenendo, ogni mail, ogni messaggio è per noi aiuto e prezioso incoraggiamento, grazie!
Il Manifesto del 16 dicembre dedica l'intera pag. 3 al caso Britel - articolo di Stefano Liberti ed intervista a Claudio Fava di Alberto D'Argenzio. Grazie!
15 dicembre 2007
Oggi fanno trenta giorni che Kassim Britel rifiuta il cibo: giorni senza riposo, di silenzio, di sofferenza, di attesa.
Ad Ain Bourja, Kassim cerca di tenersi ritto mentre prega, ignorando i battiti affrettati a tagliare il respiro, la testa pesante, il ventre spalancato a reclamar pienezza, le viscere doloranti e acquose, la schiena che pare spezzata, …
Così ieri è svenuto, i suoi compagni l'hanno aiutato, il medico gli ha contato le costole: è molto dimagrito, eppure di ora in ora cresce la sua determinazione, una determinazione che nulla può scalfire.
Ci sentiamo al telefono, umiliata io, una volta di più dal silenzio del nostro Paese, dal fluire delle mie giornate di lavoro come se nulla fosse, con il tarlo della sua possibile morte eppure solidale con lui fino in fondo, perché quest'ingiustizia che ci ha privato della vita deve finire, in un modo o nell'altro.
E gli racconto come meglio posso del bene che avremo, e lui ha un pensiero di fede, una parola buona che solleva la pena taciuta e nascosta. Con lui sono calma, so che non ci succederà nulla che non ci sia stato destinato.
Nella nostra casa vuota, lavoro come sempre per la vita di mio marito, pena e collera sono intollerabili, Kassim ha già patito troppe violenze e privazioni, so che non resisterà a lungo, già ora si poggia ad un bastone per muovere qualche passo, ieri non è stato in grado d'incontrare sua sorella…
Per il rispetto dovuto ad ogni vita, per la giustizia dovuta alla vittima innocente di una "guerra" non sua, per la nostra famiglia separata da quasi sei anni, che il Governo italiano si decida finalmente a portare a casa questo cittadino!
Khadija
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