martedì 20 novembre 2007

Abou ElKassim Britel è in sciopero della fame

Copincollo da www.giustiziaperkassim.net



Preavviso di sciopero della fame
Warning of hunger strike Préavis de grève de la faim 19.11.2007

In nome e per conto di mio marito Abou Elkassim Britel, cittadino italiano e marocchino matricola 69546, carcere di Äin Bourja, Casablanca – comunico la sua ferma intenzione di intraprendere uno sciopero della fame per ottenere la liberazione che gli è dovuta, dopo che la sua innocenza è stata da più parti e da tempo dimostrata(*).

Chiediamo alle Autorità una pronta e fattiva risposta a questa richiesta, in assenza della quale mio marito illegalmente privato della sua libertà dal 2002, vittima di extraordinary rendition, di torture e di molto altro si vedrà costretto a proseguire ad oltranza la propria azione.

Abou ElKassim Britel osserverà uno sciopero della fame il 19 e 20 novembre 2007 a supporto di questa dichiarazione.



(*)

In particolare, si vedano:
- la Risoluzione del Parlamento Europeo sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri che « 63. Condanna la consegna straordinaria del cittadino italiano Abou Elkassim Britel, che era stato arrestato in Pakistan nel marzo 2002 dalla polizia pakistana ed interrogato da funzionari USA e pakistani, e successivamente consegnato alle autorità marocchine ed imprigionato nella prigione di "Temara", dove è ancora detenuto; sottolinea che le indagini penali in Italia contro Abou Elkassim Britel erano state chiuse senza che egli fosse incriminato; 64. si rammarica che secondo la documentazione trasmessa alla commissione temporanea, dall'avvocato di Abou Elkassim Britel, il Ministero degli Interni italiano all'epoca fosse in "costante cooperazione" con servizi segreti stranieri in merito al caso di Abou Elkassim Britel dopo il suo arresto in Pakistan; 65. sollecita il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere l'immediato rilascio di Abou Elkassim Britel », feb 07;
- l'archiviazione dell'indagine da parte della magistratura « rilevato che gli ulteriori accertamenti disposti, intercettazioni telefoniche ed accertamenti bancari, non hanno fornito alcun supporto all'accusa », set 06;
- Amnesty International: Italy - A briefing to the UN Committee against Torture, apr 07.


Sulla vicenda di Kassim, segnalo questo articolo; abbondante documentazione anche qui

domenica 18 novembre 2007

Piccola, breve storia di grande illegalità

Pubblico dal blog di Letizia Tassinari



Questa è una piccola, breve storia di grande illegalità.

A “raccontarla” è il dott. Giancarlo Iannella, direttore Inps di Viareggio:

“Spesso mi arrivano segnalazioni scritte e telefonate con cui vengono denunciati casi di lavoro nero riguardanti pensionati e, più spesso, giovani extracomunitari e non. Tutte rigorosamente anonime. Tutte, comunque, trasmesse agli uffici ispettivi per le verifiche del caso. Ma, qualche mese fa. qualcuno ha avuto il coraggio e l’onestà di segnalare un abuso firmando la propria denuncia, mettendoci, come si dice, la faccia. I controlli sono partiti, le verifiche sono state effettuate ma la obiettiva certezza della esistenza della illegalità denunciata non ha potuto trasformarsi in concreta adozione dei provvedimenti sanzionatori. Le carte erano “a posto” ma, soprattutto, un muro di reticenza, amara omertà imposta dal bisogno di lavorare, ha frenato gli sforzi di questo istituto e del Sindacato. Nessuno ha avuto il coraggio, o la possibilità, di confermare quanto segnalato dal compagno di lavoro. A questa persona vorrei far giungere la mia personale solidarietà e le mie scuse per non essere riuscito a fare di più. Per quanto so e, secondo prassi consueta in questo Paese che non sa difendere e premiare gli onesti, è partita la reazione dell’azienda attraverso i consueti meccanismi punitivi mascherati da legalità grazie al consueto stuolo di commercialisti e avvocati difensori del più forte. Mi piacerebbe pensare che da una vicenda come questa possa nascere qualcosa di buono. Uno scatto di dignità da parte di chi sfrutta il lavoro altrui, evadendo tasse e/o contributi ma soprattutto mortificando l’animo di tanti giovani che sull’altare dell’impiego, neanche sicuro e pagato secondo le regole, bruciano drammaticamente ideali e speranze.”

Gian-Carlo Iannella Direttore Inps Viareggio

Grandezza e miseria, qualche osservazione su Richard Wagner

Ogni volta che mi trovo davanti ad una grande opera di ingegno, penso e sento che mi piacerebbe incontrare e discutere (perché no, anche solo chiacchierare) con l'autore di questa grande cosa.

Un'idea molto comune.

Ma chissà se in tanti casi si tratterebbe di un'esperienza bella o comunque affascinante. I biografi seri passano anni a demolire le agiografie che inevitabilmente vengono fatte di grandi artisti, filosofi, letterati ecc.
E nei risultati è contenuta una buona dose di ironia: ci si diverte ad accorgersi di quanto spesso dietro grandi ingegni si nascondano caratteri terribili e spesso anche meschini: insomma, normali. Ed umani. Abisso fra ciò che è la vulgata e ciò che è la realtà delle testimonianze e degli eventi.

Una delle poche eccezioni è Richard Wagner, mi sembra.

Grande, sommo artista (anche se molti non lo sopportano), oggettivamente.

Poeta di notevole livello, ma anche lì ostico e molto difficile. Non basta conoscere il tedesco per apprezzare la poesia di Wagner, con le allitterazioni, le assonanze, le ridondanze, i suoi arcaismi e dialettalismi. Bisogna armarsi di pazienza e scavare il testo, per attingere alla fonte della sua bellezza. Magari con un eccellente commento.

Ma quanta ricchezza in quei libretti. Quanto pensiero raffinato, quanto sentimento, quanta concentrazione.

Esteta autodidatta, arrogante e istrione, come notava Thomas Mann (il primo dei wagneriani).

Eppure il concetto di teatro e di arte sono cambiati anche grazie a lui; ha intuito certe debolezze ed affettazioni dell'arte del suo tempo; sarà per questo che Gautier, Mallarmé, Baudelaire e perfino certi pittori adoravano la sua musica plastica, avvolgente, totalizzante.

Come accettare che un uomo con tante idee oscene e contrarie a tanti principi umanistici abbia prodotto grandi capolavori dell'arte umana?


Una soluzione a questo problema potrebbe essere una netta separazione fra Arte e Vita, distinguendo l'uomo spregevole dall'artista geniale.


Ma idea non è molto convincente, secondo me.


L'arte senza etica non è arte, è mestiere.


Forse è anche per questo che Wagner è così amato ed odiato: perché esprime esplicitamente, col suo carattere rissoso egocentrico e paranoico, le due facce dell'umanità: ricca di sentimenti negativi (normalmente nascosti) e di slanci ideali, di pensieri profondi e spesso contraddittori.
Ma è un mistero fitto, su cui sarà sempre bene interrogarsi.

Montanelli e Pannella: chi si detesta si ama

Copincollo questo magistrale ritratto di Pannella fatto da Montanelli.

Non sono del tutto d'accordo con quanto vi è scritto, ma acume e classe sono davvero esemplari...


da IL GIORNALE, 22 aprile 1979)

Uno dei maggiori protagonisti delle prossime elezioni sarà Marco Pannella, e non soltanto per i guadagni che gli si possono fin d’ora accreditare. E’ una cosa che dispiacerà a molti nostri lettori, che in Pannella vedono un impasto di demagogia, ciarlataneria e istrionismo. E non senza ragione. Demagogo, ciarlatano e istrione, Pannella lo è.

Ma non è soltanto questo. Lo definiscono anche un qualunquista, un Giannini di sinistra. Ma anche questo è un giudizio riduttivo. Con Giannini, Pannella ha in comune il gesto e il gusto della scena madre, la capacità di cogliere immediatamente gli umori del pubblico, di colpirne la fantasia e sollecitarne le emozioni. Ma Giannini si serviva di questi ingredienti per raccattare una protesta di retroguardia che disturbava senza inquietare perché senza sbocchi. Pannella coagula una protesta d’avanguardia che inquieta più di quanto disturbi perché di sbocchi ne ha, fin troppi. Anche come teatranti, la loro scuola è diversa: Giannini era uno Zacconi; Pannella, un Carmelo Bene.


Ma non fermiamoci a questo superficiale identikit. Se Pannella non fosse che un abile commediante, la sua commedia alla velocità con cui oggi il pubblico divora i suoi mimi e giullari sarebbe finita da un pezzo. Invece il suo indice di gradimento sale nonostante la congiura del silenzio ordita contro di lui dai grandi mezzi d’informazione, e il successo cresce: un successo che le sue personali doti atletica aitanza, calore di simpatia umana, oratoria torrentizia, polmoni a mantice, ubiquità, immaginazione, rapidità di riflessi, sfrontatezza da grande meretrice servono a meraviglia, ma non bastano a spiegare.

Il fatto è che Pannella, intelligenza intuitiva cui la cultura (ne ha) serve solo da pezza d’appoggio, ha capito più cose di quante non ne abbiamo capite i politologi di professione. Ha capito anzitutto, e prima di chiunque altro, la crisi dei partiti. E infatti si è guardato bene dal fondarne uno. Il suo si chiama »Movimento , e lo è sul serio in quanto svincolato da ogni ancoraggio ideologico. Qualcuno dice che questa è la sua debolezza perché lo riduce a un ricettacolo. Io credo che sia la sua forza perché in un’epoca di consumismo come questa, nulla si consuma più rapidamente delle idee: basta vedere in che condizioni sono tutte ridotte. Pannella ne ha anticipato e ora ne sfrutta la nausea puntando invece su valori che non si consumano mai, i diritti umani e civili. Ma da quello smaccato e geniale bugiardo che è, arraffatore e arruffatore di parole, questa battaglia tipicamente liberale in difesa dello spazio vitale dell’individuo contro la plumbea pressione della massa, la conduce come rivolta di massa, e da sinistra.

Per capire Pannella (anch’io ci ho messo del tempo), bisogna rivoltarlo, come si faceva con le stoffe inglesi di una volta, il cui rovescio era meglio del diritto. Visto di faccia, è un brancaleone, uno sparafucile, un saccheggiatore di pollai, un gigionesco mattatore, capace di rubare il posto a un morto nella bara pur di mettersi al centro del funerale. Ma è anche lo sceriffo che, disarmato, va a sfidare il gangster nella sua tana.

Anche noi abbiamo sempre sostenuto che i responsabili delle fosse ardeatine, prima di Kappler e Reder, furono gli scellerati che, messe le bombe in via Rasella, nascosero la mano e mandarono a morte gli ostaggi. Ma Pannella è andato a dirlo in casa comunista, e ora reclama sulla pubblica piazza la liberazione di Hess dal carcere di Spandau e il trasferimento delle ceneri dei Savoia nel Pantheon. Dicono che il suo coraggio è solo spavalderia. Sarà. Ma intanto solo un pazzo punterebbe due soldi sulla pelle di Pannella, che gira senza scorta per vie e vicoli di Roma, a disposizione di qualsiasi pistola (e di pistole interessate al suo bersaglio debbono essercene parecchie).

Noi, è ovvio, non possiamo pronunciarci in favore di Pannella: egli giuoca in un campo che non è il nostro. Ma quattro cose dobbiamo dire, da avversari, di questo anomalo personaggio. La prima è che Pannella è, appunto, un personaggio su una scena politica popolata quasi esclusivamente di comparse e coristi. La seconda è che i suoi digiuni sono autentici e le sue tasche autenticamente vuote. La terza è che, se domani ci sarà un regime, ipotesi che si fa sempre più possibile , all’opposizione di questo regime ci saremo solo noi e Pannella, socio scomodo, ma di tutta affidanza.

E infine dobbiamo riconoscere che fra noi e lui c’è, per così dire, un fatto di sangue. Anche se scatena la sua buriana da sinistra facendo d’ogni erba un fascio aborto e bambini affamati, omosessuali e perseguitati politici e chiama la sua gente »compagni , ricordiamoci che Pannella è figlio nostro, non loro. Un figlio discolo e protervo, un giamburrasca devastatore che dopo aver appiccato il fuoco ai mobili e spicinato il vasellame, è scappato di casa per correre le sue avventure di prateria. Ma in caso di pericolo o di carestia, ve lo vedremo tornare portandosi al seguito mandrie di cavalli e di bufali selvaggi, quali noi non ci sogneremmo mai di catturare e domare.

Questo è Pannella. Voti non possiamo dargliene. Ma ci auguriamo che sia lui a mietere quelli che non ci appartengono.

lunedì 12 novembre 2007

Conoscenza e follia

Chi studia storia deve avere una mente malleabile e quasi schizofrenica, secondo me: deve cercare di mettersi nei panni di una o più persone vissute in altre epoche e cresciute secondo altri canoni e moralità, tentando di pensare come loro.
Allo stesso tempo deve guardare a quel patrimonio di nozioni, informazioni, teorie contemporanee di cui quell'essere umano del passato non era provvisto.

Una delle cose più difficili da capire, credo, quando si studiano società del passato è il salto qualitativo delle conoscenze economiche.

Fino alla metà abbondante del Settecento, anche nelle società economicamente più avanzate, non esisteva la parola "economia"; non si aveva un'idea precisamente matematica di flussi del mercato e della valuta, della produzione e della produttività, dello sviluppo di tecnologie.


Tanti mattoncini esistevano ed intuizioni empiriche sono attestati e talvolta emergono fra le righe, ma non esisteva una "scienza" economica.


Però esisteva ben chiaro il concetto del limite: perfino il più imbelle degli aristocratici sapeva che certi ritmi di sfruttamento del terreno sono dannosi (depauperamento=impoverimento dei contadini=abbassamento delle rendite=meno gioco d'azzardo o bella vita notturna e diurna).
Perfino il figliastro di Barry Lindon sapeva che le miniere si esauriscono, il paesaggio cambia, i boschi si diradano, ai tempi di vacche grasse seguono inevitabilmente tempi di vacche magre.


Eppure fino alla nascita della scienza economica si sapeva a malapena cosa fosse un bilancio e difficilmente si poteva calcolare in modo abbastanza certo entrate ed uscite, debiti e prestiti ed introiti.

Adesso la situazione si è rovesciata: non basterebbe una vita a conoscere perfettamente ed in profondità tutte le teorie e le scuole di pensiero economiche.

Ma forse non si riesce più ad accettare l'idea che il consumo (non mi riferisco al consumismo) è un prodotto dalle conseguenze di lunga durata ma di rapida fruibilità.
Il contrario del pensiero economico per cui va raggiunto il miglior equilibrio possibile fra utilizzo di risorse (materie prime, lavoro, denaro ecc.) e durevolezza ed efficienza del prodotto (o del servizio).


Eppure è così difficile per molti di noi accettare di parlare dell'esaurimento delle scorte petrolifere.



Come postilla, aggiungo che lo studio delle conseguenze del picco del petrolio dal punto di vista geopolitico è solo agli inizi: i piedi e le teste sono entrambi su un terreno inesplorato, gli uni in cielo, le altre in terra.




Alt, interrompiamo temporaneamente il flusso di paranoie...

domenica 11 novembre 2007

Precariato e call center

Copincollo un articolo di Letizia Tassinari



DATACENTER SAS E DIALCOM SRL:LA DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO HA NOTIFICATO IL PROVVEDIMENTO - Comunicato di Letizia Tassinari

CallcenterE' un boom "recente" quello dei call center, servizio usato in maniera crescente in diversi settori economici, a cominciare da quello telefonico.
Viene richiesto da compagnie telefoniche, banche, operatori turistici, assicurazioni, servizi vari,a ditte apposite che sono sorte in questi anni.
Anche la politica, a Lucca, ha recentemente scoperto questa formula delle "telefonate a raffica", per invitare a votare questo o quel candidato o partecipare ad altrimenti poco appetibili convention.

Chi di noi non ha mai ricevuto una telefonata a casa di un operatore di call center che cercava di "vendere" un abbonamento adsl o un "migliore" piano telefonico, una carta di credito, un corso di inglese o un vino?
A Lucca dall'altra parte della cornetta, spesso maltrattati da chi se ne sta in santa pace a casa propria e riceve la telefonata, ci sono centinaia di giovani e meno giovani impiegati con i famosi "contratti a progetto"

Alcuni di loro hanno cercato tutela sindacale e la Filcams Cgil ha ottenuto che la Direzione Provinciale del Lavoro avviasse un'ispezione in alcuni call center della Lucchesia, tra cui Data Center sas di Pagnini Marco e Dialcom srl.

La denuncia fu quella di abusare dei contratti a progetto e la richiesta quella di verificare orari e mansioni per vedere se non si trattasse in effetti di rapporti di lavoro subordinato.
Secondo il Sindacato "per il tipo di lavoro adottato nei call center è necessario il contratto di lavoro subordinato che prevede tutta una serie di diritti che vengono dribblati dai co.co.pro. o dalle prestazioni professionali occasionali dal momento che di fatto questi lavoratori svolgono un lavoro subordinato e devono essere assunti con regolare contratto a tempo indeterminato, part time o full time, che preveda tredicesima, quattordicesima, giorni di ferie e permessi retribuiti, TFR e retribuzione secondo il CCNL di categoria"

L'Ispezione da parte della Direzione Provinciale del Lavoro a Data Center di Pagnini Marco e Dialcom srl, quest'ultima Agenzia Territoriale Fastweb, si è da poco conclusa, dopo lunghi mesi di indagini, e, in questi giorni, è stato notificato al sig. Marco Pagnini, quale socio accomandatario di Data Center sas, e a Dialcom srl il provvedimento accertativo di competenza.

"Il settore dei call center - come hanno affermato Massimiliano Bindocci Segretario Provinciale Filcams Cgil e Letizia Tassinari - ha la malattia di tutti i settori che vivono in appalto: per conquistare il cliente e farsi affidare il servizio, che sia compagnia telefonica, banca, centro terapeutico, prodotto alimentare o altro, si fa leva sul prezzo piu' basso , ed ovviamente sulla pelle di chi lavora. La specificità di questo settore in appalto è che si gioca molto con le forme contrattuali ed infatti è uno di quelli che più fa affidamento su contratti a progetto, che spesso non hanno nulla a che vedere con la realtà del lavoro svolto. Negli annunci in cui cercano personale molte imprese di call center scrivono addirittura formule del tipo " contratto a progetto part time o full time", che è una contraddizione in termini. Come Filcams abbiamo fatto, e stiamo ancora facendo il possibile, per appoggiare le rivendicazioni dei lavoratori, anche se è un settore molto difficile da "sindacalizzare", dato il turn over altissimo.Avere ottenuto l'ispezione, alla quale è succeduto il provvedimento ministeriale, dimostra pero' che è possibile fare molto per garantire un minimo di diritti all'interno dei call center".

Per Data Center di Pagnini Marco e Dial Com srl è inoltre iniziata una causa dinanzi il Tribunale Civile di Lucca, sezione lavoro, promossa da cinque ex collaboratori a progetto, rappresentati dall'Avv. Franco Nencini, per il riconoscimento dei loro diritti di dipendente. L'udienza per prove a testi è stata fissata per il 7 luglio 2008.
Mentre altri lavoratori a progetto continuano a rivolgersi al Sindacato per il riconoscimento della natura subordinata dei loro rapporti di lavoro intercorsi con tali società.
Comunicato di Letizia Tassinari

Che sensazione di leggera follia

sta attraversando l'anima mia...


come dice il grande Mogol.


Ho appena finito di sentire il discorso di Berlusconi e torno a provare vecchie sensazioni.

Sconcerto, rabbia, tensione.

Ma soprattutto divertimento.


Vecchie parole, vecchi discorsi, vecchi trucchi retorici, vecchie risposte parziali a terribili domande, che ravvivano e risemantizzano vecchie sensazioni.


Mi verrebbe voglia di dire: grazie Silvio.


Mi fai inca@@re ma mi fai anche ridere, ebraicamente parlando.

sabato 10 novembre 2007

Ogni benedetto sabato

Tempo di spallarsi, di rilassarsi, di cantare, di respirare l'immancabilmente zozza aria di città...

Ammusicarsi, questo è quello che ci vuole...

Ognuno a modo suo, alla equatoriale, alla fiordica, alla apolide, alla tavernesca, alla missisipi...

giovedì 1 novembre 2007

Kassim: lo sciopero della fame si è concluso

Interrotto oggi lo sciopero della fame 29 ottobre 2007

La decisione in risposta all'impegno assunto dal CCDH (Conseil Consultatif des Droits de l'Homme) che ha esaminato il rapporto delle Ong dopo la visita al carcere di Salé .

Si attendono ora passi concreti ed immediati.



continua sul giustiziaperkassim.net